Il macellaio, ep. 5
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Il macellaio, ep. 5
Il bel sole
La città è rumorosa come al solito. È mattina, sul tardi. I lunghi viali, protetti dal sole grazie al verde fogliame dei grossi alberi piantati lungo tutta la loro interezza, sono completamente occupati da persone indaffarate. Chi va a lavoro, chi a fare la spesa; i marciapiedi brulicano di persone vestite con colori vivaci, nessuna delle quali è però singolarmente distinguibile. La massa si muove secondo varie correnti fluide, in un turbinio di colori e vociferare. moltissime parole vengono pronunciate costantemente ma nessuna di queste è singolarmente distinguibile.
James Scariot cammina tra la folla, con un espressione vuota in volto, senza mai posare lo sguardo su nulla. È come se non fosse parte di quel gruppo, come un sasso che affonda nel mare. È diverso da loro, e lui lo sa, e anche loro lo sanno. Le persone non vogliono toccarlo, sentono che c'è qualcosa che non va in lui, che è diverso da qualunque altro in quella mandria, un etraneo. Un estraneo. Il flusso lo evita, lo isola. Le persone costrette a passargli accanto si schiacciano contro gli altri estranei pur di evitare di toccarlo. Un cane abbaia, soffocato dalla folla. La gente non capisce, la mandria sembra scomposta e caotica ma è un tutt'uno in realtà. Sono tutti la stessa cosa. Un enorme blob di materiale organico. Desidero morire. Desidero che tutto muoia. Non sono parte di questo mondo.
L'atmosfera si trasforma, il cielo diventa improvvisamente rosso, il vociare si affievolisce di colpo per poi fermarsi completamente. Il cane continua ad abbaiare, ma adesso con rabbia feroce. La gente, a bocca aperta, guarda sbigottita le persone con cui un attimo prima stava chiaccherando, sorpassando, spintonando, trasportate improvvisamente ad un paio di metri d'altezza cerso il cielo cremisi. Senza un motivo, senza una spiegazione, alcuni ora sono sospesi in aria. Chi è rimasto atterra alza gli occhi al cielo e li fissa: i piedi a penzoloni tremano, sbattono, scalciano. Alcune scarpe rovinano atterra. Tutti i prescelti in aria portano le mani alla gola, cercando di disfare e strappare qualcosa. Del sangue gocciola atterra, e piccoli frammenti piovono. La padrona del cane, una signora di mezz'età, fissa le suole delle scarpe della maestra di sua nipote, che aveva incrociato lungo il viale per caso, e con la quale stava amabilmente conversando riguardo alla scuola. Piccole goccie di sangue le cadono in fronte, e un pezzo di qualcosa le rimbalza sulla guancia, cadendo poi a terra. sempre con la bocca aperta, la signora abbassa lo sguardo stanco, si china e raccoglie quel qualcosa con la mano libera dal guinzaglio. È un unghia, coperta di smalto verde. È l'unghia della maestra. Questa adesso emette fiochi gemiti mentre continua a divincolarsi in aria. Altre unghie piovono dal cielo sui passanti, mentre i prescelti in lottano a mezz'aria contro il cappio che è apparso attorno al loro collo, sollevandoli. Ad uno ad uno, i burattini si fermano, le gambe non scalciano più, le mani non graffiano più e cadono lungo il corpo, alcune gocciolando dalle punte delle dita.
"Io li invidio" disse James "io li invidio tutti. Morire è una benedizione, un miracolo. Nessuno ha scelto di nascere, ma morire invece". Così dicendo alza le mani al cielo, con i palmi aperti, commosso. Dalla terra, dalla strada, dal marciapiede, migliaia di pali perforano il terreno durante quella che sembra la fine di una folle fuga dal sottosuolo. Pali di legno, appuntiti, trafiggono dal basso chi non è stato prescelto. Il viale si satura di un unico grido, così forte da essere quasi tangibile. La mandria si trasforma. Solo i fortunati a cui è stato aperto il cranio non gridano, anche se la loro bocca è spalancata. Il sangue che scivola attraverso le fessure dei denti esce dalla bocca e scorre lungo il collo. Le grida saturano l'aria, i corpi impalati fremono, gambe e braccia tremano libere sospese in aria. James, illeso, cammina tra le vittime di quella furia sconosciuta, estasiato. Con gli occhi colmi di gioia, quasi piange. Tutta quella sofferenza, tutta quella disperazione fluiscono nel suo corpo donandogli gioia e nuovo vigore. Un bambino piange, tra la folla, impalato. Sembra stare abbastanza bene tuttavia. Il suo peso leggero lo ha salvato, è sospeso in aria ma la punta del palo penetra la sua pancia solo di pochi centimerti. James lo fissa, inclina la testa, e gli si avvicina. Lui tende la sua mano verso il soccorritore incolume. James afferra quella mano, e afferra la gamba più vicina del bambino. E tira. Tira verso il basso il corpo del bambino, che viene divelto dal palo, uccidendolo. Il getto di sangue che ne scaturisce cade come una dolce pioggia ristoratrice. Un rumore offuscato dietro di lui, dei colpi secchi. Un cane che gli abbaia. La luce torna subito ad essere calda e luminosa, la mandria ricompare tutt'intorno a lui. Si gira verso il bambino impalato, che ora corre incolume tra la folla. Ritorna al cane. La signora che lo tiene al guinzaglio si rivolge a James "Giovanotto, tutto bene?". James alza il piede destro e lo posa sulla testa del cane, schiacciandolo a terra. La signora si porta le mani alla bocca, inorridita, mentre vede la testa del suo cane aprirsi e spappolarsi sotto il perso del piede di James. Questo ora mette le mani su un cestino di plastica che gli si trova accanto, rompendone un pezzo che poi infilza dentro al corpo della signora, nella pancia. La signora cade di schiena, e nel mentre la plastica putrida compie una profonda incisione nel suo ventre, fin sotto le costole. James si china sul corpo a terra e gli ficca entrambe le mani nella ferita, stringendo nei pugni le budella della signora ed estraendole con foga. Deve fare in fretta, è preoccupato di non fare in tempo. Continua ad estrarre freneticamente le interiora gettandole poi a terra affianco a lui. Una volta svuotato il corpo, afferra il cane a due mani e lo sciaccia dentro alla ferita, per poi alzarsi e pestarlo dentro con il piede. Guardandosi attorno, si vede solo. Ci sono traccie di vomito attorno a lui e, infondo al viale, qualcuno che si rialza da terra gridando scappa.