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Il macellaio, ep 4

Il macellaio, ep 4

Publié le 23 oct. 2023 Mis à jour le 23 oct. 2023 Culture
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Il macellaio, ep 4

Soffocare nel vuoto

Drin, drin! Drin, drin!

Sono le 4 del mattino quando il tenente Melboury viene svegliato dal fastidioso squillare del telefono.

“Che c’è?” sussurra alla cornetta mentre si sorregge sul gomito.

“Signore, c’è stato un incidente” - “E mi svegliate per un incidente? Ma cosa vi dice il cervello?”.

La voce proveniente dalla cornetta è sempre più titubante.

“Ecco, signore...abbiamo trovato...pensiamo che sia legato al suo caso”.

Meno di mezz’ora più tardi il tenente era già sulla scena del crimine. “Gli hanno strappato la faccia a morsi, e non sono stati animali, il medico ha detto che si tratta di denti umani. O di una grossa scimmia.”. Il cadavere giace bianco nell’auto. I fanali si sono spenti. I lampioni illuminano le volanti parcheggiate in mezzo alla carreggiata con i lampeggianti accesi, per bloccare l’accesso alla zona dell’incidente. Il tenente passa a piedi attraverso il blocco stradale. C'è un gran numero di poliziotti indaffarati a fare foto, prendere misure, cercare indizi nascosti. Si avvicina alla coppia di agenti che per primi sono arrivati sul luogo dell’incidente. Uno dei due è seduto sul ciglio della strada e si cinge le ginocchia con le braccia. Con un viso inespressivo rivolto verso la foresta buia, fissa il vuoto. L'altro è in piedi che sbraita, trattenuto da altri due agenti che cercano di calmarlo, mentre si divincola e cerca di muoversi. Appena questo vede il tenente Melboury ci si scaglia contro gridando, subito bloccato dai suoi colleghi, “è un maiale! È un maiale! Non è umano!”.  il tenente continua a camminare senza badargli.

“Potrebbe essere morto dissanguato” dice il poliziotto a fare foto alla scena “i segni di morso, su quello che era il volto, sono estremamente definiti. Il naso e le labbra sono stati asportati, e gli occhi sembrano fuoriuscire leggermente dalle orbite. Il volto è inespressivo. La mandibola è aperta. I denti esposti all’aria sono coperti da sangue coagulato.”

Il tenente, ormai a pochi passi dal veicolo, vi si avvicina spostando il collega e inclina il busto sporgendosi quasi fin dentro all’abitacolo. Il suo respiro fa vibrare leggermente i pezzi di carne penzolanti dal viso del morto. Alcuni impercettibili pezzi di carne si staccano in volo, entrando nel suo naso per poi andare a depositarsi nei suoi polmoni. Un forte grido spezza la quiete: “è lì! Eccolo lì! Lo ho visto! È li lo ho visto!” il poliziotto seduto sul ciglio della strada stende il braccio puntando il dito verso la foresta, come se lo sforzo potesse tener lontano qualcuno, o qualcosa. Con l’altra mano posata atterra si sorregge, mentre muove le gambe in maniera disordinata, mentre i suoi piedi slittano nel fango. “È lì! È lì!” grida con voce sempre più straziata dal terrore, sempre più acuta. I colleghi si stanno precipitando verso di lui, alcuni corrono con la mano destra sulla fondina, altri con la pistola già tra le mani. Il primo ad arrivare vede il suo volto completamente rosso, coperto di lacrime e muco, mentre sbiascica e balbetta nel tentativo di spiegare cosa ha visto nell’oscurità della foresta.

 

L'ambulanza si allontana senza accendere le sirene, portando via i due agenti traumatizzati, diventati taciturni. I primi raggi del sole rischiarano la scena del crimine, e ad un tratto i lampioni si spengono tutti all’unisono. Un agente coperto da una tuta bianca e guanti blu fa scorrere la zip del sacco nero contenente il corpo della vittima. “La sua famiglia verrà avvisata a breve, manderanno qualcuno a casa sua. È strano, sembra proprio che sia solo un caso che sia toccato a lui, non c’è neanche un report per una multa nel database, solo un processo in corso, per un divorzio”.

Nel suo ufficio, il tenente Melboury appende due puntine colorate sulla mappa della città appesa al muro. Facendo due passi indietro, si appoggia alla sua scrivania, fissando pensieroso la mappa. Il fatto che tutto stia accadendo così vicino a casa sua lo turba.

 

 

 

 

Io so cosa hai fatto, so chi sei veramente. James è steso nel suo letto, il buio della stanza gli permette di visualizzare meglio le sue allucinazioni. Le voci scivolano nel suo cervello, intrudono la sua pace. Il desiderio di morire è forte in lui, fortissimo. A tratti piange, implora di morire. Sente già la corda, con tutti i fasci che la formano, stringersi attorno al suo collo. Si vede, appeso, mentre oscilla con i piedi a penzoloni. Morire e finalmente trovare la pace. A volte non si alza dal letto per lunghi periodi, rimane sveglio a fissare la proiezione dell'orologio sul soffitto un vecchio regalo. L'insonnia ha consumato i suoi nervi. Al minimo rumore si sveglia e non riesce più a riaddormentarsi, vittima del suo essere. Sogna ad occhi aperti di tornare indietro, di tornare a prima, di cancellare ciò che ha fatto. A quando aveva paura di farsi male.

Si alza dal letto, ancora vestito, e si incammina a piedi verso le scale per poi aprire la porta di casa e uscire incamminandosi lungo il marciapiede. Dopo un tempo indefinito passato a rimuginare, si fa cogliere la sprovvista da un'ambulanza che lo sorpassa alle spalle.

Si ferma all'improvviso, Le braccia penzoloni e il volto inespressivo. È giorno. Si incammina alla sua destra e sale una piccola serie di gradini. L'edificio in cui entrato è un caos, oggetti di ogni genere rendono difficile il passaggio lungo i corridoi. C'è una reception, ma non c'è nessuno seduto ad accoglierlo. Camminando lungo i corridoi passa davanti a vari uffici con vetrate delle pareti. Deve fare slalom tra un grande rivieni di persone che spostano plichi di fogli, scatole di cartone, scale e tubi. Una voce stridula lo attrae, lo risveglia, e gli dice di guardare. Lui si ferma e volge il capo alla sua sinistra. Un ufficio con la porta chiusa e una finestra in vetro che da sul corridoio. Al suo interno un uomo, poggiato su una scrivania in legno, fissa una mappa su cui sono appese due puntine colorate.

 

“Signore? Signore!” Si sente strattonare. “Mi scusi che sta facendo? I garage sono da quella parte”. “Eh?” risponde james. “I garage, lei non è qui per l’ampliamento dei garage? È vestito da operaio...” James produce un suono basso, profondo e si dirige nella direzione Indicatagli dal giovane poliziotto, che corre con scartoffie in mano verso uno degli uffici. Un gran chiasso di ferraglia e grida, cemento che cola e trapani.  James attraversa il cantiere, con calma, mentre attorno a lui tutti si danno un gran da fare, a spostare, inchiodare, alzare. Un furgone sta aspettando in strada davanti al cancello, che qualcuno gli apra. Un lampeggiante giallo si accende, il cancello di ferro sfrigola e si apre. Il furgone avanza di qualche metro, poi si ferma a fianco a James. Il finestrino si abbassa e ne esce un volgare “torna al lavoro, sfaticato!” detto da un bruto sovrappeso verso James. Lui continua a camminare ed esce dal cancello ancora aperto.

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