Afrikaanse Veltassistent
Sur Panodyssey, tu peux lire 30 publications par mois sans être connecté. Profite encore de 29 articles à découvrir ce mois-ci.
Pour ne pas être limité, connecte-toi ou créé un compte en cliquant ci-dessous, c’est gratuit !
Se connecter
Afrikaanse Veltassistent
Il ripetitivo trillare del telefono mi sveglia. Sono le 4 del mattino. Controvoglia abbandono il tepore delle coperte e mi metto a sedere sul bordo del letto. Un debole riflesso di luce bianca si proietta sul pavimento dalla finestra posta a lato della branda, e buttando lo sguardo al di fuori di essa scorgo la luna piena in tutta la sua maestosità tipica dell'emisfero australe. Mi libero del pigiama e indosso i pantaloni cargo beige, gli scarponi neri coperti al collo dalle ghette arancioni, la camicia marrone, un maglione grigio, il gilèt da campo, un giubotto nero e un cappello di lana nero sopra al quale vesto una grossa lampada frontale a led. Mentre Taylor è ancora sotto le sue 6 coperte e il ventilatore che accende per rinfrescarsi il viso lavora dediziosamente, e mentre dal sacco a pelo di Frank provengono sommessi insulti in francese contro quel ventilatore infernale che lo tiene sveglio tutta la notte, io imbocco il corridoio con il parquet scricchiolante per raggiungere la cucina. Lì incrocio Marta, la dottoranda portoghese a cui oggi spetta di preparare la colazione da fare sul campo, la quale mi dedica un assonnato “bom dia”. Spezzo del biltong di orice e me lo nascondo dentro ad un pacchetto di caramelle vuoto, che infilo nel taschino del giubbotto. Esco dalla porta degli uffici affrontando il freddo che permea la savana ogni notte, e comincio a caricare le 20 batterie d'auto e il resto del equipaggiamento nel retro dei bakki, i fuori strada. Dal piazzale coperto di sabbia rossa vedo le luci della stazione di ricerca accendersi ad una ad una man mano che gli altri colleghi si svegliano.
È ancora buio quando il resto del personale attraversa il piccolo giardino che porta alla rimessa, con le torce frontali accese, per poi salire sul Toyota hylux, mentre io e Taylor ci incastriamo in mezzo a tutta la strumentazione nel retro del vecchio Mazda rattoppato alla bell'e meglio. Ci copriamo il volto con le bandane, perché la sabbia alzata dalle ruote riesce ad infilarsi perfino dentro al bagagliaio coprendo i nostri vestiti con uno strato rosso, mentre il convoglio esce dai cancelli della stazione di ricerca e imbocca il dedalo di strade sterrate che porta alla colonia 21. Nel retro del bakki ci sporgiamo contro il lunotto posteriore per guardare il cielo stellato, indicandoci a vicenda la croce del sud, la costellazione dello scorpione, orione, la via lattea. I fanali dei bakki sorprendono con la loro luce giallastra gruppi di springbok assonnati che pascolano in mezzo all'erba alta e secca. Taylor mi racconta tutto di ogni animale che incrociamo nel nostro vagare sudafricano, l'aardwolf e le sue dannate tane profondissime nelle quali le ruote dei bakki si incastrano, l'elegantissimo serpentario con la sua cresta rossastra, l'otocione con le sue enormi orecchie e l'animale più raro di tutta la riserva: il gatto coi calzini neri. Io gli racconto delle alpi, dei monti iberici di Valsain, dove ho lavorato fino ad un mese prima, e dei segreti sottomarini del mediterraneo.
Dopo un oretta di viaggio il convoglio si ferma e le luci si spengono. Il ronzio dei motori lascia il posto al gelido silenzio della savana. Uscendo dal bagagliaio, un po' indolenziti, veniamo accolti da un infinita distesa di erba secca, nella quale crescono rare delle grosse acacie verdeggianti. Ci dividiamo reti, scale, treppiedi e sacchi: tutto il necessario da portare in spalla fino alla 21esima colonia di tessitori sociali, uccelli che cuciono tra loro i lunghi fili d'erba della savana per ricavarne un nido enorme tra i rami delle grosse acacie.
Finito di innalzare il muro di reti alto tre metri, tutto rigorosamente al buio e nel completo silenzio, imbocchiamo la stradina scavata nell'erba e coperta da uno strato profondo una spanna di sabbia cremisi, verso i bakki che ci aspettano. Estraiamo tavolini e sedie, che non bastano per tutti, e con la tazza di acqua calda in mano io e Rozenn ci sediamo sul cassone coperto del toyota, mentre aspettiamo impazienti i primi raggi del sole africano. Ed ecco, finalmente, che tutta la linea dell'orizzonte infinito comincia a tingersi di arancione intenso, e il calore dei raggi del sole accompagna la nostra conseguente marcia nella sabbia verso le reti poste a guardia della colonia 21.