La Gattina
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La Gattina
C’era una volta una piccola gattina, tutta marrone a strisce chiare.
La gattina viveva nelle grandi pianure erbose, immense distese verdi che si estendono fino a dove lo sguardo arriva, dove i lunghi fili d’erba le permettono di vedere soltanto il cielo azzurro e le nuvole bianche sopra di lei. Anche saltando più in alto che poteva, con tutte le sue forze, spingendo le zampe più forte che poteva, la gattina non riusciva a scavalcare i lunghi fili d’erba verde carezzati dai gentili venti delle pianure. Riusciva a far fuggire da quella prigione verde soltanto la sua coda, se la teneva dritta dritta nel momento più alto del salto, subito prima di tornare giù. La gattina passava le sue giornate a correre, sfrecciando a tutta velocità tra i fili d’erba della pianura, saltando e schivando, tuffando il muso dentro i grossi ciuffi verdi per poi uscirne dall’altra parte. Era alla ricerca del suo amico gattino, che si era perso nelle pianure e non riusciva più a tornare a casa.
Quando la luce del sole non illuminava più il cielo, e la luna ne prendeva posto a vegliare con la sua fioca luce sopra le pianure, la gattina smetteva di correre, e si accoccolava coprendosi il muso con la coda. Preoccupata, non riusciva a dormire pensando al suo amico gattino, che era chissà dove nascosto tra i fili d’erba mentre guardava la luna in attesa che qualcuno lo trovasse. La gattina, tenendo il muso sotto la coda, alzava gli occhi verso il cielo stellato ogni notte prima di addormentarsi. Aveva visto tutte le forme che le stelle possono disegnare nel cielo, tutti gli animali che vegliano su di lei e la proteggono dall’alto da quando aveva cominciato il suo viaggio. La gattina poteva stare sveglia anche molte ore prima di addormentarsi, a fissare la volta celeste in attesa di vedere una stella cadente illuminare l’oscurità che la circondava al fine di poter esprimere il desiderio di rivedere il suo amico gattino. Una notte la gattina non vide nessuna stella cadente, nonostante stesse a fissare il cielo nero per ore e ore non riusciva a vederne neanche una. Stanca e triste, la gattina si perse d’animo. Stette per tutto il giorno con le orecchie abbassate e la testa coperta nella coda, mentre i grandi fili d’erba ondeggiavano accarezzati dai venti delle pianure e le nuvole si rincorrevano ombreggiando i raggi del sole. La gattina aprì gli occhi e guardò il cielo, vide una nuvola la cui forma le ricordava la sua casa, che aveva lasciato alle sue spalle per andare alla ricerca del suo amico gattino. Vide animali nuovi che non aveva mai visto nel cielo stellato, e vide la sua mamma che, seduta con la coda avvolta attorno alle gambe, la guardava. La gattina allora si sedette, cinse la coda attorno alle sue zampe e si mise a cantare la canzone delle nuvole, e per ogni nuova nuvola che prendeva posto nel cielo lei aggiungeva una strofa. La canzone era bellissima e le nuvole sembravano fare a gara tra loro per farla continuare, finchè una nuvola si presentò con la forma del suo amico gattino. La gattina, sbigottita, smise di cantare per un attimo fissando la nuvola, per poi intonare il verso della canzone dedicato al suo amico gattino. I fili d’erba dietro di lei cominciarono a muoversi irritati, arrabbiati, sembrava che non la volessero più sentir cantare quella canzone. Tutto attorno a lei sbuffava e si torceva e la gattina era ora immersa in una tempesta verde, mentre l’erba sembrava volesse stringersi attorno a lei fino a soffocarla. Ma da un ciuffo d’erba vide sbucare dei baffi, e poi un naso, due occhi e due orecchie. La gattina non credeva ai suoi occhi, era il suo amico gattino che aveva sentito la sua voce e aveva corso più veloce che poteva verso di lei. Si sedettero uno di fronte all’altro. “Sei venuta a prendermi” disse il gattino, “Sono venuta a prenderti” disse la gattina.