Claudia dell'ufficio
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Claudia dell'ufficio
Era solo una persona nell'infinito turbinio di vite che è al mondo al giorno d'oggi. Un comunissimo essere vivente come tutti gli altri attorno a noi proprio in questo momento. Nella sua vita, colma di comune mediocrità, Spiccavano un paio di note particolari, ma tutto il resto si disperdeva nel mare dell'esperienza comune. Hobby particolari non ne aveva, e spendeva il suo tempo in maniera decisamente poco memorabile, ed infatti non aveva nulla di particolare da poter raccontare ai suoi amici. Nessuno la disprezzava particolarmente e nessuno la apprezzava all'infuori della sua mediocrità. “Devo fare un viaggio” si disse “devo fare qualcosa da poter raccontare, devo poter cercare qualcosa che sicuramente esiste, là fuori, devo trovarlo e deve illuminarmi, dare un significato differente e nuovo alle mie giornate”. Ma dove andare? Ci sono talmente tanti posti carichi di significato nel mondo, arcaici, misteriosi, da scoprire. Un'antica civiltà, un tempio nascosto in mezzo al deserto, in attesa di rivedere la luce, o magari è alla ricerca di un animale, una nuova specie nascosta nella foresta amazzonica è mai vista prima. Un oggetto, uno scettro, il Santo Graal, magari un manoscritto perduto nella biblioteca di un'abbazia dimenticata, dove già c'è scritta una grande saggezza, magari significato della vita. Caldo o freddo? Mare o montagna Poi, domanda vita o oggetto? La verità è che tutto le sarebbe andato bene, una cosa vale l'altra quando non sai cosa stai cercando. E da qualche parte bisognerà pur partire. In ufficio, parlando con le colleghe, si scopre a dire: “il top del top sarebbe Atlantide”.
-” Ma claudia, a te il pesce non piace! Cosa mangerai?”
-” Il sushi mi piace, non va neanche scaldato”.
-” Sì, ma ad Atlantide non c’è il riso”.
-” Ah, è vero...beh! Me lo porto da casa!”.
-” Sì, ma ci vuole la salsa di soia non l’acqua salata”.
“Ma cosa c'entra tutto questo!? Devo trovare qualcosa da raccontare, una nuova linfa vitale!”.
-” Perché non vai in india, tutti quanti vanno in india!”
-” Ed è proprio questo il problema! Se c’era qualcosa di nascosto, sarà sicuramente già stato trovato!”.
-” Ma senti Claudia, questo sinceramente non è l’atteggiamento giusto. Non siamo più come gli antichi, tutto è già stato visto almeno una volta.”
-” Ma magari qualcosa è anche stato dimenticato”.
-” Magari...sarebbe fico!”
-” Appunto!”.
Tornata a casa, nella solitudine del suo appartamento, Claudia apre il telefono e vede Silvia, dell'ufficio, in centro a fare aperitivo, Paolo in Francia si è sporcato di fonduta, Maria e Luca in montagna, Lucia in barca tra le isole Greche. “Basta così” dice, gettando il telefono sul divano e fissando lo schermo vuoto della TV. “Non è giusto che vada così, non è giusto che io sia qui". Lo squillare del telefono la distrae dalla sua sessione di biasimo. “Pronto?” “ciao claudia” dice la voce proveniente dal telefono “Sono Marco, sono vicino a casa tua e mi si è rotta la macchina, non è che mi potresti portare un martello? Di solito mi è sufficiente sfracagnare il motore e riparte subito”; “Martello? Non ne ho a casa, ti porto uno sgabellino di ferro”, “Grazie mille davvero”. Ed ecco Claudia che si lascia chiudere alle spalle la porta di casa mentre imbocca la rampa di scale con uno sgabello di mano. Incontra Marco e danno un po' di botte a testa al motore del “catorcio a pedali” che decide miracolosamente di ripartire. Rimane in piedi con lo sgabello in mano a fissare l'auto che si allontana. S’incammina verso casa. I lampioni si stanno accendendo e la loro luce giallina in onda i marciapiedi. Qualcosa di strano attira la sua attenzione, “un lampione blu?”. Un lampione con una lampadina blu. Sotto di esso, illuminato, un cestino della carta. Che si muove. “deve esserci quaclosa dentro” pensa mentre vi si avvicina guardinga. Apre con cautela il coperchio e dentro: un animale! “Un gatto? Non sembra voler farsi toccare”. Per tirarlo fuori appoggia lo sgabello nel cestino, e non con poca fatica, l'animale si presenta in tutta la sua animalezza mentre si trascina verso l’esterno. “Che spelacchiato” pensa ad alta voce Claudia “ho salvato proprio una bestiaccia”. “Anche tu fai schifo” gli risponde l’animale “ma io almeno ho la scusa di essere appena uscito da un cassonetto, tu che scusa hai?”. Claudia, allibita, fissa la palla di pelo grigio che, in piedi sulle zampe posteriori, si strofina il pelo.
“Eeeeeeeh?”.
-”Eccola qua, un criminal mastermind”.
-”Cosa?”
-”Una sopraffina mente criminale! Era sarcasmo!”
-”Sarcasmo?”
-”Sarcasmo!”.
-”...Ma tu che cane sei?”
-”Sono un procione! Ignorante!”
-”Ma parli?”
“no no.. Si figuri se i procioni parlano”.
“Maaaa....”
-”Ma- cosa?”
-”Ma i procioni non stavano in america?”
-”Non quelli parlanti. Senti, ti devo un favore, mi hai tirato fuori dal cestino, esprimi un desiderio.”
-”Un desiderio? Tipo vivere per sempre?”.
-”D’accordo! Fatto! Addio!”. E il procione parlante sotto il lampione blu scompare nei cespugli. “È proprio una cosa da procioni”.
20 anni, sono passati da quella notte, nessuno ha mai creduto a quella storia, tantomeno Marco che “era proprio lì e non ha visto nulla”. Claudia è mortalmente invidiata da tutte le colleghe dell'ufficio perché “lei nasconde il suo segreto per avere la pelle sempre giovane, facendo finta di essere pazza”. Fatto sta che la vita di Claudia non è cambiata molto, ha fatto qualche viaggio, ha preso qualche aumento, ha trovato qualche fidanzato, ma non ha ancora trovato qualcosa che poteva effettivamente raccontare. Oggi le sue colleghe sono andate in pensione virgola e poi sono morte. Come anche Luca, Lucia, Marco, Paolo. Tutti morti. Ai giorni sono seguiti i mesi, gli anni. Ha vissuto il ciclo della vita, l'avvicendarsi delle stagioni, delle ere. Ha visto, dopo molto, molto, molto tempo, la fine della vita sulla terra, reso una roccia morta dall'espansione del sole. Ha visto la distruzione della sua casa, il suo pianeta, ed ora vaga nel vuoto, ancora senza meta, nel freddo e buio spazio. Guarda le stelle, i pianeti, le lune, il cosmo. Vede le galassie in lontananza e, dopo lunghissimi tempi, le raggiunge, le attraversa e le abbandona per sempre, in un moto continuo ed infinito. “Ora di storia da raccontare ne ho così tante... Ma posso raccontarle solo a me stessa. Non è poi cambiato così tanto dai tempi dell'Ufficio. Queste storie le ho vissute veramente se non c'è nessuno che le ha vissute con me?”.