Congratulations! Your support has been successfully sent to the author
il macellaio cap.2

il macellaio cap.2

Published Oct 4, 2023 Updated Oct 4, 2023 Culture
time 5 min
0
Love
0
Solidarity
0
Wow
thumb 0 comments
lecture 113 readings
0
reactions

On Panodyssey, you can read up to 10 publications per month without being logged in. Enjoy9 articles to discover this month.

To gain unlimited access, log in or create an account by clicking below. It's free! Log in

il macellaio cap.2

Mangiare sano, vivere bene

“Tenente Melboury! La ragazza di ieri sera, quella del bagno, si tratta davvero di un incidente?”. 

“Un incidente non ti recide la giugulare a quel modo, non credi? Perché mi fai sempre domande assurde?”.  

“Ma signore, il giornale...” -“Dammi qua!”. 

“Cos'è questa robaccia? chi segue il caso? Non importa, da ora lo seguo io. Qualcuno ha venduto un sacco di cazzate ad un giornalista... La finestra era aperta, c’era vomito nel cesso e per terra. C'erano schizzi di sangue sulla parete dietro al water e tutto attorno alla finestra. Il taglio sul collo è più largo sul lato destro e si assottiglia man mano che si controlla in profondità, una coltellata da manuale. La vittima presentava una tumefazione a livello del torace e micro-tagli sulla fronte...”.  “Mentre era ubriaca, qualcuno che voleva fargliela pagare le ha spinto la testa contro lo specchio, lei ha cercato di fuggire dalla finestra, ma è stata accoltellata e scagliata contro il lavandino. Ecco cosa è successo.” 

“E questa dinamica la ha capita da...” -“Dal disastro che hanno lasciato quelli dell'ambulanza. Non c'era un filo di sangue dentro quel corpo, eppure quegli idioti sono entrati in tre a girare il cadavere e a mettere elettrodi. Dovevano stare fuori! Glielo avevamo detto di stare fuori!” 

I due poliziotti parlavano camminando per i corridoi all'interno della centrale di polizia di Neapolis, ormai un dedalo di scatoloni e pali di ferro poggiati sui muri; c'era un enorme tumulto perché i garage stavano venendo ampliati e i lavori sarebbero dovuti durare almeno un altro mese.  

James Scariot era seduto a tavola nella sua casa fatiscente, un edificio in legno con la vernice bianca scrostata nella maggior parte delle tavole rettangolari che ne compongono la struttura. Tra poco si sarebbe dovuto alzare per salire nel suo furgone nero e recarsi nell'azienda per la quale lavora come saldatore. Un lavoro duro. Ma che gli permette di stare da solo tutto il giorno. Non ha bisogno di parlare praticamente con nessuno, in quanto comunica con i colleghi tramite bigliettini e post-it. Nulla gli piaceva, né gli dispiaceva. Aveva bisogno di lavorare per distrarsi dalle voci. Il suo turno durava sei ore poi sarebbe tornato a casa, si sarebbe scaldato una qualche poltiglia al microonde e si sarebbe alienato assieme alle voci davanti alla TV, trangugiando bottiglie di un alcolico qualsiasi per poter dormire. Lo sapeva che non stava bene, gli era evidente che la sua psiche fosse un abominio. Si era stancato tuttavia di chiedere aiuto. Nessuno si era mai davvero interessato a lui, nemmeno gli specialisti che pagava. Il loro lavoro era ascoltarlo, ma loro non si sforzano nemmeno di fare finta. C'era qualcosa nel suo essere che portava tutti ad ignorarlo, a farsi beffe senza mai prenderlo seriamente. Nessuno gli prestava mai ascolto, fin da bambino, ogni volta che apriva bocca i suoi interlocutori sembravano provare piacere nel distrarsi. Dopo anni di tentativi a vuoto, lui aveva cominciato a preferire l'ascolto e poi nemmeno quello. Non aveva mai avuto un amico, conosceva della gente si, ma non è la stessa cosa. Era diventato freddo, apatico, disinteressato. Aveva cominciato ad apprezzare fin da piccolo l'odio verso sé stesso. Un profondo disgusto. Nulla di ciò che faceva gli importava, ogni traguardo raggiunto veniva subito dimenticato. Quando gli capitava di pensare al fatto di essere nato, veniva avvolto da un forte nervosismo, ogni suo muscolo si tendeva e i denti si serravano con forza sulle guance fino a riempire la bocca di sangue.

 

Il suono di una sirena gli indicò che il suo turno era finito, lui si alzò, andò a sedersi nel suo furgone nero, acceso il motore e partì. 

L'aria fresca della Sera lo rinvigorisce. Dopo pochi chilometri di guida vede una strana luce lungo la strada e ferma il furgone sul ciglio. Una forte luce gialla stava illuminando un muro di pini che si erge oltre il lato sinistro della strada. Avvicinandosi a piedi, nota come la luce è originata da un'enorme scatola nera, una forma che occupa quasi tutto il fossato che fiancheggia la parte destra della carreggiata. Avvicinandosi piano, James comincia a distinguere una figura, una forma allungata verso l'alto con delle falde semi spinose che circondano a tratti alterni un cilindro centrale. Sembra un albero, ma ha due lembi cadenti della metà del tronco e quelle che sembrano essere tre gambe che, con un movimento ritmato dal sordo suono di piedi nudi sull’asfalto, fanno girare la figura su sé stessa. Poco sopra le braccia, al centro del tronco, si apre una fessura nella quale due fili di blocchi bianchi sporgono verso l'esterno. Sono denti. È una bocca. La creatura, muovendo una gamba alla volta, si allontana dalla strada e scompare. L'origine della luce è ora distinguibile nettamente, si tratta di un'auto. A passi rilassati, James vi si avvicina, posa le mani sulla portiera e attraverso il finestrino rotto nota che sul sedile del guidatore c'è una persona svenuta. Avvicina la testa all'interno dell'abitacolo, lentamente, con gli occhi sbarrati. Annusa il signore di mezza età seduto con le mani ancora sul volante, e gli sembra essere evidentemente ubriaco. Con gli occhi quasi fuori dalle orbite, la bocca di James si spalanca con un movimento lento e continuo, aprendosi a dimensione non più umana, per poi serrarsi di colpo sulla guancia del guidatore. Con un netto movimento della testa, James Strappa un pezzo di carne dal volto della sua vittima, la quale si sveglia e, in preda al dolore, grida e comincia a dimenarsi. Il carnefice affamato lo afferra per i polsi, costringendolo a stare seduto e pian piano usa le gambe per introdursi col busto all'interno dell'abitacolo. Avvicinando la sua testa al viso del guidatore, procede a sferrare altri morsi al suo viso in modo repentino e animalesco, mentre le urla biascicate della sua vittima cedono il posto a gorgoglii e gargarismi dati dal sangue che a fiotti sgorga dal volto ostruendo le vie aeree. Nel momento in cui il malcapitato smette di dimenarsi, quel poco che rimane del suo viso è irriconoscibile. James allora allontana le fauci grondanti di sangue dal corpo ormai morto e accumula i pezzi di pelle staccati dai suoi morsi dentro la bocca della sua vittima, incastrandoli con cura. Voltando le spalle alla macchina si allontana, ma dopo qualche passo si accorge qualcosa si sta avvicinando al furgone. È una bicicletta. Attonito, James fissa la bici, spinta dalla creatura della sera precedente, che con una mano sul pedale si muove in modo ritmato verso di lui. Entusiasta, con la bocca spalancata e la lingua penzoloni, la bestia lo sorpassa, con lo sguardo concentrato sulla strada davanti a sé. James alza i pugni al cielo ed emette un grido di gioia: ”Sono stato io! Ioooooo!”. 

Saltellando, ridendo, incredulo delle sue capacità, si dirige verso il furgone, pronto a tornare a casa. Le luci posteriori del furgone, che si appresta a lasciarsi l'auto alle spalle, illuminano la figura longilinea che ritorna dalla foresta, chinandosi con curiosità davanti al finestrino dell'auto per apprezzare l'opera di James. 

lecture 113 readings
thumb 0 comments
0
reactions

Comments (0)

Are you enjoying reading on Panodyssey?
Support their independent writers!

Prolong your journey in this universe Culture
Jour 15
Jour 15

Ma vérité n’est pas forcément celle des autres, mais qui suis-je pour la leur imposer ?

Franck Labat
1 min

donate You can support your favorite writers

promo

Download the Panodyssey mobile app