

Il capitolare di Quiertzy
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Il capitolare di Quiertzy
Nel corso del IX secolo, l’Europa carolingia stava attraversando un profondo processo di trasformazione. L’autorità imperiale, già indebolita dalle complesse successioni dinastiche e dalla crescente autonomia delle aristocrazie locali, iniziava a perdere il controllo effettivo sui territori un tempo riuniti sotto l’egida di Carlo Magno. In questo contesto, il 14 giugno 877, l’imperatore Carlo il Calvo [1] emanò il Capitolare di Quierzy (Capitulare Karoli Calvi apud Quierzy), atto destinato a segnare una svolta nell’equilibrio politico-istituzionale dell’Europa medievale. Con tale atto, si riconosceva formalmente l’ereditarietà dei feudi maggiori, ovvero di quei benefici territoriali concessi ai grandi vassalli — conti, marchesi, duchi — il cui sostegno era fondamentale per la difesa e il governo del regno.
L’obiettivo immediato era quello di garantire la stabilità durante la campagna in Italia che Carlo il Calvo si accingeva a intraprendere. La campagna aveva come scopo quello di confermare la propria autorità imperiale e, forse, di intervenire politicamente nell’elezione del nuovo papa, dopo la morte di Giovanni VIII, o comunque di consolidare il dominio imperiale nella penisola. Carlo il Calvo era stato incoronato da papa Giovanni VIII a Roma nell’875 come imperatore dei Romani. Questa incoronazione fu un passo importante, poiché Carlo il Calvo, re dei Franchi occidentali, divenne così il successore di Ludovico II nell’impero carolingio.
Nel 877, Carlo il Calvo, dunque, intendeva rafforzare la sua presenza, assicurando ai vassalli che, in caso di sua morte, i loro eredi avrebbero potuto conservare i feudi fino al suo ritorno, senza dover attendere una nuova concessione ufficiale. Tuttavia, in sostanza, il capitolare legalizzava una prassi già ampiamente diffusa, quella della trasmissione ereditaria dei benefici, trasformando un rapporto di natura personale e revocabile in un vincolo patrimoniale stabile. In tal modo, si consolidava l’autonomia della nobiltà territoriale e si indeboliva ulteriormente l’autorità centrale.
Questa nuova configurazione istituzionale pose le basi di quello che la storiografia ha lungamente definito ordinamento feudale [2], termine su cui è opportuno soffermarsi. I secoli X e XI in Europa furono infatti dominati da un sistema politico, sociale ed economico che, sebbene variabile da regione a regione, ruotava intorno al potere signorile locale, alla frammentazione dell’autorità pubblica e alla rete di fedeltà vassallatico-beneficiarie. Secondo lo storico Dominique Barthélemy, sarebbe più corretto parlare di ordinamento signorile [3], per evitare di vedere in quel periodo una semplice fase di disordine tra la caduta dell’impero carolingio e la nascita di nuove strutture politiche, come i comuni, le signorie territoriali, i principati e i regni nazionali.
Facciamo un breve passo indietro. Carlo il Calvo, nipote di Carlo Magno (742–814), ereditò una situazione politica complessa,ma al contempo significativa per la storia del periodo. Alla morte di Carlo Magno, si scatenò un conflitto tra gli eredi carolingi [4], conclusosi nell’843 con il Trattato di Verdun. L’impero fu diviso in tre parti tra i figli superstiti di Ludovico il Pio (778–840). Carlo il Calvo ottenne il regno dei Franchi occidentali, corrispondente approssimativamente all’attuale Francia. A Ludovico il Germanico (804–876) fu assegnato il regno dei Franchi orientali, corrispondente all’incirca all’attuale Germania. Lotario (795–855) divenne imperatore dei Romani (840–855, fu co-imperatore del padre Ludovico il Pio durante il periodo 817–840) e re d’Italia, oltre a ricevere il regno centrale, una fascia di territorio compresa tra il Mare del Nord, la Provenza e il Lazio a sud. La titolatura imperatore dei Romani, sinonimo di impero carolingio, deriva dall’incoronazione di Carlo Magno [5] a imperatore romano da parte di papa Leone III (papato 795–816) nell’anno 800. Come noto, questo nucleo, con l’incoronazione a imperatore di Ottone I di Sassonia (912–973) nel 962, si intitolerà ufficialmente Sacro Romano Impero, per indicare, come i precedenti, una continuità con l’Impero romano d’Occidente.
Questa fu la suddivisione politica dell’eredità di Carlo Magno, il quale aveva già posto le basi a livello amministrativo. Tali basi amministrative porteranno conseguentemente, come vedremo, Carlo il Calvo, all’emanazione del Capitolare di Quierzy. Come noto, per poter meglio amministrare i propri domini, Carlo Magno aveva diviso i territori dell’Impero in contee e marche (da cui i titoli nobiliari di conte o marchese), affidandole ai propri uomini di fiducia, i quali instaurarono un rapporto detto di vassallaggio [6] nei suoi confronti, divenendo così vassi dominici. Il vassallaggio rappresenta un mutuo rapporto di fedeltà e sostegno tra due persone, entrambe libere, l’una delle quali, il vassallo, si sottomette all’autorità di un’altra, detta senior, da cui signore (latino senior, il più anziano, comparativo di senex, ossia anziano) inteso come il nobile che esercitava il potere su un determinato territorio, promettendogli fedeltà e aiuto in campo militare e giudiziario (auxilium et consilium) in cambio di una protezione.
Tale sistema trovava una precisa corrispondenza anche in termini di proprietà fondiarie, le quali, rispetto a un appannaggio, presentavano il vantaggio di vincolare permanentemente il beneficiario al proprio signore. L’origine del vassallaggio è da ricercarsi nell’ascesa del vassallo (vassallus
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