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Essere felici è una questione di chimica, letteralmente

Essere felici è una questione di chimica, letteralmente

Publié le 8 août 2023 Mis à jour le 8 août 2023 Éducation et formation
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Essere felici è una questione di chimica, letteralmente

La felicità (secondo la biologia molecolare)

Prima di tutto bisogna chiarire un aspetto fondamentale della questione, ovvero porre il significato di un sentimento altamente soggettivo come assioma. Non è sicuramente cosa facile, ma da qualche parte bisognerà pur cominciare. È noto che la nostra personale felicità è uno stato d’animo che si innesca come conseguenza di azioni o eventi che coinvolgono noi in modo diretto o altri esseri viventi attorno a noi. La felicità può essere descritta come stato emotivo positivo, sensazione di benessere e soddisfazione, e questa sensazione può nascere attraverso due strade filosoficamente opposte, l’ottenimento materiale e la soddisfazione empatica. Ma analizzare ogni singola sfaccettatura di questo sentimento già altamente dibattuto nella storia è di poca utilità, andiamo quindi a vedere come e dove si sviluppa a livello chimico e cosa rende possibile l’essere felici.

Da un punto di vista chimico sono conosciuti 4 neurotrasmettitori legati a stati di felicità:

- Dopamina: ormone della ricompensa, si attiva mangiando e intraprendendo lavori o azioni rivolte a sé stessi, è la ricompensa che il cervello ci dà per indurci e invogliarci a svolgere un’attività positiva per la nostra sopravvivenza; una volta completata l’azione, la sua produzione si interrompe, e noi siamo indotti a cercare un'altra azione positiva da intraprendere (l’attesa del piacere…no?). Lo stesso vale quando un predatore vede una preda, entrando in uno stato di eccitazione propizio allo sforzo della caccia.  

- Ossitocina: ormone dell’amore: induce un sentimento di fiducia, di primaria importanza nei mammiferi sociali. Viene prodotto attraverso il contatto fisico, ed è uno dei motivi per il quale i genitori leccano i cuccioli o ci sentiamo bene quando veniamo coccolati. Pathways neuronali consolidate durante lo sviluppo cerebrale attraverso l’ossitocina permettono agli individui di sviluppare un legame più o meno intenso con il futuro “branco” una volta adulti. È anche legata al sentimento di solitudine e nostalgia. Ha altre mansioni, ovvero interviene durante il parto e l’allattamento e ha il compito di favorire la contrazione della muscolatura liscia, favorendo la fuoriuscita del feto e del latte (non controlla la produzione di latte). Tra le sue attività psicoattive regola i comportamenti sociali, sessuali, genitoriali e “di coppia” in quanto favorisce l’instaurarsi dell’istinto paternale e le cure parentali.

Queste due lavorano in antitesi, la dopamina spingendo un mammifero verso una ricompensa (ad esempio il cibo, tipicamente esaurito velocemente nel territorio del branco), la seconda inducendo l’animale a tornare verso il branco una volta ottenuta la ricompensa.

- Serotonina: svolge funzioni di controllo dell’umore, appetito, sonno, guarigione delle ferite (attraverso le piastrine) e regolazione del desiderio sessuale, ha un importante ruolo nell’incidenza di eventi depressivi. È coinvolta nella ricerca di uno status sociale maggiore (il capobranco o la matriarca), il nostro cervello è quindi costruito per ricompensarci con serotonina ogni qualvolta ci sentiamo in una posizione dominante in un gruppo (mentre in caso siamo in posizione di inferiorità è il cortisolo ad essere rilasciato, l’ormone dello stress). Questa condizione è però ciclica, in quanto la serotonina viene “digerita” molto velocemente, ed è quindi necessario riproporre i comportamenti dominanti per secernene di nuova (anche la superiorità a livello morale viene ricompensata). È caratteristicamente prodotta a partire da un amminoacido essenziale, il triptofano (contenuto anche nel cioccolato) e non può quindi essere prodotta direttamente dal corpo ma deve essere acquisita attraverso la nutrizione. Nel cervello serve a trasmettere messaggi tra le cellule nervose, ma la maggior parte di questa si trova nell’intestino dove regola il flusso digestivo e le secrezioni intestinali. Un eccesso di serotonina porta a stitichezza mentre un difetto a diarrea. Serve inoltre alla regolazione della velocità digestione e all’ espulsione di cibi insalubri attraverso nausea. È evidente adesso il perchè esiste una forte correlazione tra stress psicologico e fisico. La serotonina è anche precursore biologico della melatonina, che controlla qualità e durata del sonno e favorisce il rilassamento e l’addormentamento.

- Endorfina: induce un’euforia che ha effetti analgesici e rilassanti. Il principale scopo è mascherare il dolore durante una lotta o la caccia. Viene rilasciata in piccole dosi durante il movimento e mentre ridiamo, ed è quindi legata ad attività come l’esercizio fisico e riproduzione, prendendo parte al controllo dell’appetito e alla termoregolazione. Le endorfine vengono rilasciate anche durante massaggi ed agopunture.  

Questi neurotrasmettitori non sono stabili, ma vengono metabolizzati molto velocemente. Una delle loro funzioni è quella di mascherare la costante presenza del cortisolo, l’ormone di allarme, e quando questi quattro ormoni della felicità vengono a mancare il corpo è lasciato in balia di quest’ultimo. Il cortisolo promuove la sopravvivenza attraverso azioni atte a evitare il dolore. Le connessioni neurali che si creano mentre il cortisolo viene rilasciato, ad esempio quando tocchiamo una superficie bollente, ci permettono di provare sentimenti di repulsione più velocemente quando queste situazioni negative ci si ripropongono (proteggendoci dal bruciarci una seconda volta). L’azione del cortisolo è così intensa che ci induce a commettere tutte le azioni necessarie per evitare la situazione di pericolo (come versare atterra una pentola piena di pasta, rinunciando a mangiare). Anche la fame stessa produce cortisolo. Ogni situazione che attiva un circuito neuronale legato al cortisolo crea in noi un sentimento di malessere, e ci induce quindi alla ricerca di comportamenti che possano soffocare questo fastidio, anche se possono non essere comportamenti positivi se protratti a lungo termine. Il cortisolo non è solo indotto dalla presenza di fuoco o di predatori, ma anche dalla delusione dell’aspettativa di una ricompensa (ovvero quando ci scappa una preda, o falliamo un esame, o perdiamo un cliente importante). Anche delusioni a livello sociale inducono un rilascio di cortisolo, e quando sentiamo che il nostro status sociale è in pericolo insorge il malessere.  La capacità umana di anticipare i pericoli ci permette di evitare di farci male, ma allo stesso tempo ci riempie di cortisolo. Il cortisolo viene metabolizzato in circa due ore, un tempo estremamente lungo, e maggiore la quantità di cortisolo in circolo, maggiore è la probabilità di individuare pericoli potenziali e di secernere ulteriore cortisolo, incastrandoci in un ciclo di malessere. Per noi umani, questo ciclo trova termine non appena il nostro cervello viene distratto da stimoli positivi, e due ore di distrazione continua ci permettono di smaltire il cortisolo rilasciato da un evento di pericolo (per questo il cinema e la televisione ci piacciono così tanto).

Questi sistemi di segnalazione si sono evoluti per ricompensare un mammifero, nel caso specifico noi stessi, ogni volta che adottiamo un atteggiamento positivo per la nostra sopravvivenza aumentando il nostro successo riproduttivo, e non per essere prodotti in continuazione in massicce quantità (come si tende comunemente a credere). Sono comuni a tutti i mammiferi anche i centri per il controllo del loro rilascio: Ipotalamo, Ghiandola pituitaria, Ippocampo e Amigdala (il sistema limbico insomma). Un esempio pratico della produzione di dopamina è il caso di un mammifero (noi) che vede un pasto facile: il cervello immediatamente rilascia dopamina e ogni passo che ci avvicina al “oggetto del desiderio” stimola un continuo rilascio di dopamina sempre maggiore, fino a che non lo raggiungiamo, momento in cui il rilascio di dopamina si ferma in quanto il suo scopo è quello di indurci ad arrampicarci su un albero per prendere una mela, e non farci stare bene per averla presa. Il processo ricomincia non appena viene identificato un secondo pasto. I circuiti neuronali che si sono consolidati nel momento del rilascio della dopamina, ovvero durante la ricerca del pasto nel caso sopracitato, sono quei “ricordi” che spingono l’animale a ripetere l’azione che ha portato a termine nel passato ottenendo come ricompensa il rilascio del neurotrasmettitore, oltre ad una succosa mela. Tipicamente queste vie di rilascio si consolidano durante l’infanzia (e risultano altamente specifiche e “personalizzate” in quanto costruite sulle nostre esperienze), momento in cui le cure parentali nei mammiferi consolidano determinati comportamenti nei cuccioli (e le zampate consolidano quelli negativi); in età più avanzata queste vie neuronali si possono comunque formare, solo che richiedono una ripetizione più assidua per il consolidamento. Da tenere sempre in mente è che questo intricato sistema di ricompense si è evoluto filtrandosi attraverso il meccanismo della selezione naturale, ovvero un processo atto non a farci sentire bene e a gratificarci ma a farci sopravvivere, al che il sistema di ricompense in un ambiente non naturale può portare all’insorgenza anche di comportamenti deleteri in quanto, ad esempio, l’eccessiva nutrizione porta ad un deterioramento della nostra salute fisica ma al contempo ad una massiccia produzione di ormoni del piacere, cosa che legata con l’estrema disponibilità di cibo altamente calorico porta, e porterà, all’insorgenza di gravi epidemie di obesità. Il cervello mammaliano sviluppa il pensiero in due modalità opposte estremamente semplici, un’azione atta a ricevere una ricompensa (e quindi il rilascio di uno o più neurotrasmettitori di cui sopra) o un’azione atta a evitare una punizione (evitare dunque di restare soli con il nostro antipatico cortisolo). È quindi un semplicissimo sistema di ricompensa e punizione che regola la distinzione tra le azioni che possono portare alla sopravvivenza e la morte. La modifica dei percorsi neurali è estremamente complicata in quanto un percorso neuronale già consolidato non è facilmente disassemblabile, ed essendo molto ben consolidato ha un flusso di “corrente” molto fluido e veloce, ma si possono attuare strategie per bypassare un percorso neuronale deleterio o fallaceo attraverso nuove esperienze (e quindi la costruzione di nuovi percorsi neurali).

Come fare quindi per sostituire un abitudine che sentiamo positiva (ed effettivamente a livello chimico lo è) ma che ci mette in difficoltà nella vita di tutti i giorni?

Lo scopriremo nel prossimo capitolo di questa serie.

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