Letteratura e giustizia?
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Letteratura e giustizia?
Una riflessione tratta dal mio ultimo saggio
"Ciò che lega la letteratura e la giustizia è un denominatore comune che si potrebbe definire normativo, in senso ampio e antico: il desiderio e l'ambizione di stabilire regole di civiltà negli ambiti più pregni del vivere sociale. Qualsiasi comportamento umano o avvenimento fattuale può essere infatti normato, ovverosia reso conforme a una disposizione caratterizzata da autorevolezza, la cui scaturigine è una fonte legislativa o sovra-legislativa. In questo senso, semplice è il richiamo alla Costituzione: secondo molti studiosi, specie di matrice anglosassone, separare il buonsenso e la naturale inclinazione dello spirito verso l'alto dalle norme di carattere costituzionale è operazione in fin dei conti superflua. Per questa ragione si tende a parlare di tessuto integrato (...). Quando anche la letteratura, intesa qui nella duplice accezione di tendenza artistica e di manifestazione istituzionale, pone degli obiettivi nobili, civici, volti alla ricostruzione dell'accaduto, ecco che anch'essa diviene disciplina, come tale scientifica: è dunque degna di studio, di analisi, magari anche di capovolgimenti teorici, nondimeno è un fondamento culturale essenziale, in assenza del quale non vi sarebbero le condizioni per un serio dibattito volto all'accrescimento.
Stabilite queste premesse, sarebbe opportuno comprendere in quale circostanza la letteratura possa definirsi giuridica, mentre ovvia è la comprensione di cosa sia giuridico o meno, dal momento che il diritto è studiato dal giurista e dunque è tutto ciò che circonda quel mondo tematico. La letteratura è uno strumento onnicomprensivo, di conseguenza anche la manualistica (...) appartiene a tale dizione. La letteratura può inoltre avere una sua declinazione narrativa e quindi rispondere a criteri di poetica e di giusta arbitrarietà dell'Autore; quest'ultimo potrebbe opportunamente optare per ricostruzioni giuridico-istituzionali di carattere teorico (Sofocle, Molière e i moderni D'Annunzio, Buzzati, Faulkner, Steinbeck, Coetzee, Inoue, Yan), filosofico (Kafka, Hugo, Pavese, Russell, Sartre, Saramago), tendente a conclusioni - aristoteliche o sociali - ascrivibili al Bene, anche sofferto (Camus)".
Estratto da "Il diritto e i percorsi della cultura contemporanea. Esordi di filosofia e legalità", Linea edizioni, 2022, pp. 9-12
Claudio Mattia Serafin