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La figura di Maria, da un punto di vista evangelico

La figura di Maria, da un punto di vista evangelico

Publié le 23 avr. 2025 Mis à jour le 30 mai 2025 Culture
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La figura di Maria, da un punto di vista evangelico

Partiamo dalle bellissime parole del Vangelo di Luca.


Luca 1:46 E Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore, 47 e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore, 48 perché egli ha avuto riguardo alla bassezza della sua serva; poiché ecco, d’ora in poi tutte le generazioni mi proclameranno beata, 49 perché il Potente mi ha fatto cose grandi, e Santo è il suo nome! 50 E la sua misericordia si estende di generazione in generazione verso coloro che lo temono. 51 Egli ha operato potentemente col suo braccio; ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; 52 ha rovesciato i potenti dai loro troni ed ha innalzato gli umili; 53 ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote. 54 Egli ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, 55 come aveva dichiarato ai nostri padri, ad Abrahamo e alla sua progenie, per sempre».



Figura centrale e luminosa, Maria, la “benedetta fra le donne” (εὐλογημένη σὺ ἐν γυναιξίν), occupa un posto singolare nella storia della salvezza, non per grandezza innata, ma per la sua docilità alla Grazia. Ma in che senso ella è “benedetta”? Non come porta coeli, come taluni la chiamano con tono solenne, poiché fu Cristo stesso a proclamare: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). E ancora: «In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti sotto il cielo altro nome dato agli uomini, mediante il quale dobbiamo essere salvati» (At 4,12). Non vi è dunque mediazione che possa sostituire o affiancare quella del Figlio, unico Redentore.


Nel Commento al Magnificat (1521), Martin Lutero contempla Maria nella sua verità più profonda: creatura umile, umana, colma di gioiosa reverenza di fronte ai doni divini. Per il Riformatore, la più alta beatitudine dell’essere toccati dalla Grazia è il servire Dio con gratitudine e letizia. Maria, in questo senso, non si innalza, ma si lascia innalzare: «Dal momento in cui Dio ha guardato all’umiltà della sua serva, tutte le generazioni mi chiameranno beata» — e Lutero chiarisce: non è Maria ad essere lodata, ma la grazia di Dio che si è posata su di lei. E aggiunge, con tenerezza teologica: «Beata sei tu che hai trovato un tale Dio». Nessun turbamento, dunque, nel riconoscerla indegna: ella stessa lo confessa, e non mente, riconoscendo che Dio ha guardato alla sua ταπείνωσις, la bassezza, non per merito, ma per puro dono, per sola gratia.


Tanto più si insiste sul merito di Maria, tanto più si vela la grandezza del Magnificat, che è canto alla Grazia, non all’uomo. Il rischio, ammonisce Lutero, è quello d’innalzare la Madre fino a farne un idolo, quando invece il suo stesso canto proclama l’abbassamento dell’orgoglioso e l’elevazione dell’umile.


Per questo, l’espressione evangelica «tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48) — ἰδοὺ γὰρ ἀπὸ τοῦ νῦν μακαριοῦσίν με πᾶσαι αἱ γενεαί — non è titolo di gloria personale, ma riconoscimento del dono ricevuto. Il verbo μακαριοῦσίν non indica un’intrinseca superiorità, bensì l’azione di “dichiarare beata”, di riconoscere nell’altro il segno del divino che agisce. Maria è beata non perché degna, ma perché guardata. E nel suo sguardo si riflette la speranza di ogni credente: essere trovati da Dio nella nostra umile verità, e lì, solo lì, resi beati.


È chiaro, dunque, che il rispetto per la figura di Maria non si esaurisce in gesti esteriori di genuflessione o in forme devote di riverenza, per quanto sincere, ma si radica in una speranza ben più profonda: quella di poter, come lei, esultare in Dio, riconoscere la sua azione nella propria vita, lasciarsi attraversare dalla sua luce. Questo è il vero honor debitum — l’onore dovuto — che le generazioni successive le rendono: non un culto votivo, ma la condivisione del suo canto, il Magnificat, che è giubilo dell’anima immersa nel mistero della misericordia divina.


Per Karl Barth (1886 – 1968), teologo della parola e del silenzio dinanzi al Dio Altro, la risposta di Maria non scaturisce da una disposizione n

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