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Il contesto del trattato di Brest-Litovsk

Il contesto del trattato di Brest-Litovsk

Publicado el 2, may, 2023 Actualizado 2, may, 2023 Cultura
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Il contesto del trattato di Brest-Litovsk

Nell’ambito della prima guerra mondiale, il 3 marzo 1918, venne firmato a Brest-Litovsk[1], una città fortificata polacca sul fiume Bug (persa dai russi nel 1915), la pace tra le potenze centrali (Germania, Austria-Ungheria, Impero ottomano e Regno di Bulgaria) e la Russia, guidata dal governo rivoluzionario presieduto da Vladimir Il’ič Ul’janov Lenin (1870–1924),  la cui prima conseguenza fu l’uscita di quest’ultima dal conflitto. La ratifica russa seguì il 15 marzo 1918, sostenuta con vigore dai soli bolscevichi[2], i quali avevano cercato un accordo con gli Imperi centrali per porre fine al conflitto, che vedeva i tedeschi addentrarsi pericolosamente in territorio russo, e che aveva peggiorato ancor di più le condizioni di un paese stremato, diviso e lacerato dalla guerra civile seguita alla Rivoluzione d’ottobre. Per evitare ulteriori conseguenze destabilizzanti i bolscevichi accettarono una pace che imponeva alla Russia rivoluzionaria condizioni durissime.

Il 22 marzo la ratifica del trattato avvenne in Germania. Nonostante gli enormi vantaggi che la pace con la Russia prometteva, come, ad esempio, il rafforzamento del fronte occidentale e le concessioni territoriali vastissime, pari ad un’area grande tre volte la Germania,  il trattato ebbe vita breve. I vantaggi strategici vennero subito meno in quanto, nel frattempo, il Congresso degli Stati Uniti aveva dichiarato guerra all’Impero tedesco il 6 aprile 1917 schierando le prime truppe sul fronte francese a metà del 1918[3]. I vantaggi territoriali cessarono con la fine della guerra, da lì a pochi mesi, con l’armistizio dell’11 novembre 1918 che vide la resa delle potenze centrali. Il Trattato di Versailles del 28 giugno 1919, infatti, annullerà definitivamente le acquisizioni ottenute a Brest-Litovsk. Il 15 marzo 1917 lo zar Nicola II Romanov (1868–1918) aveva firmato la sua abdicazione[4]. Seguì un debole governo provvisorio, che dopo una serie di colpi di scena – ricordiamo l’insurrezione di luglio, repressa dal generale Lavr Georgievič Kornilov (1870–1918), che allo stesso tempo tentò, fallendo, un colpo di stato reazionario, e il governo di Aleksandr Fëdorovič Kerenskij (1881–1970) – vide l’ascesa di Lenin, che, ritornato dal suo esilio in Svizzera il 3 aprile, tacitamente protetto dalle autorità tedesche, seppe cavalcare l’insoddisfazione popolare nei confronti del nuovo governo. Fondandosi su idee marxiste, e guardando anche all’esperienza storica della Commune de Paris del 1871, espresse il suo programma nelle cosiddette Tesi di aprile, composte da dieci punti.  In breve, Lenin accusava la guerra in corso, continuata dal governo provvisorio, quale «guerra imperialistica di brigantaggio». La borghesia aveva preso il potere «a causa dell’insufficiente grado di coscienza e di organizzazione del proletariato». Per Lenin si doveva quindi preparare la seconda fase della rivoluzione per dare il potere al proletariato e ai contadini poveri. Pertanto i bolscevichi non dovevano sostenere «in alcun modo» il governo provvisorio. Per Lenin solo i soviet[5] operai erano «l’unica forma possibile di governo rivoluzionario» e dovevano svincolarsi dall’influenza della borghesia «perché le masse possano liberarsi dei loro errori sulla base dell’esperienza». La Russia doveva trasformarsi in una repubblica dei soviet dei delegati degli operai, dei salariati agricoli e dei contadini. L’esercito permanente sarebbe stato rimpiazzato dal popolo in armi e i funzionari statali sarebbero stati tutti eleggibili e revocabili, con uno stipendio pari a quello medio di un operaio. Il programma agrario del partito doveva prevedere la confisca di tutte le grandi proprietà fondiarie e la nazionalizzazione di tutte le terre, mettendole a disposizione dei sovietlocali. Occorreva procedere all’aggregazione di tutte le banche del Paese in un’unica banca nazionale, posta sotto la supervisione dei soviet dei delegati operai. Ma non era ancora l’«instaurazione del socialismo», ma un primo momento di controllo della produzione e della società. Lenin indisse quindi un congresso per approvare le modifiche al suo programma e il cambiamento del nome da «socialdemocratico» a «comunista». Secondo Lenin la socialdemocrazia aveva tradito il socialismo e occorreva pertanto distinguersi da essa. Infine, occorreva creare una nuova Internazionale veramente rivoluzionaria[6].

Nel frattempo la guerra stava andando male per la Russia, il 12 ottobre i tedeschi misero in atto l’Operazione Albion, che portò, il 21 ottobre, alla conquista dell’arcipelago estone all’imbocco del golfo di Riga. La città di Pietrogrado[7] sarebbe stata, probabilmente il prossimo obiettivo. Lenin doveva fare qualcosa e prendere le redini della situazione. I bolscevichi diedero inizio, il 25 e 26 ottobre 1917, alla Seconda Rivoluzione russa. Il debole governo Kerenskij cadde immediatamente, Il Palazzo d’Inverno, a Pietrogrado, sede del governo provvisorio, venne occupato e parte dei delegati arrestata. Quindi i bolscevichi armati si impadronirono degli edifici governativi assumendo il controllo delle comunicazioni. Kerenskij, fuggito, cercò di organizzare una resistenza, ma la risposta fu scarsa e le poche unità militari, che tentarono qualcosa, poco poterono contro le Guardie rosse bolsceviche, ben armate anche dal punto di vista del morale. Kerenskij fuggì definitivamente dalla Russia, a metà novembre, e anche la città di Mosca venne posta sotto il controllo dei bolscevichi.

I governi dell’Intesa si preoccuparono, non a torto, del nuovo scenario di disgregazione dell’impero zarista che si stava prospettando e non  riconobbero il nuovo governo. In altre parole, la Triplice intesa (Francia, Regno Unito e Russia) stava venendo meno e questo poteva avere gravi conseguenze dal punto di vista strategico militare. In effetti i tedeschi si sentivano avvantaggiati e non per niente e non a caso, a suo tempo, fecero ponti d’oro a Lenin affinché tornasse in Russia. Celebre fu la soluzione grazie alla quale Lenin e i suoi attraversarono i territori “nemici” viaggiando in un vagone ferroviario piombato con status di extraterritorialità, dove non avrebbero avuto accesso poliziotti e altri cittadini del Reich[8]. Insomma, ora i tedeschi presentavano il conto. Lenin, per alleviare la difficile condizione della Russia non aveva altra opzione che trattare la pace con chi, dopotutto, lo aveva aiutato. Lenin affermò: «Per la guerra rivoluzionaria ci vuole un esercito e questo non c’è. Quindi, bisogna accettare le condizioni» e aggiunse che «dopo il 25 ottobre 1917, dopo la vittoria della dittatura del proletariato e dei contadini poveri, noi tutti siamo diventati difensisti e siamo per la difesa della patria»[9]. In questa situazione Lev Trockij (1879–1940), contrario a scendere a patti con l’imperialismo tedesco, polemicamente si dimise dalla carica di commissario del popolo per gli affari esteri. Ma Lenin proseguì per la sua strada, anche perché l’uscita dalla guerra era stato uno dei suoi punti fondamentali delle sue Tesi di aprile, con le quali tanto sostegno aveva ottenuto dalle masse.

Il 2 dicembre 1917 ebbero dunque inizio i negoziati a Brest-Litovsk[10]. Vennero nel frattempo incoraggiati locali cessate il fuoco con  i tedeschi e gli austro-ungarici, che portarono all’armistizio del 15 dicembre, con conseguente smobilitazione dell’esercito russo[11].

Il 3 marzo 1918 ebbe luogo la firma dei trattati di Brest-Litovsk, determinando dure polemiche tra i bolscevichi, che richiesero sia la convocazione straordinaria del partito bolscevico e sia quella del congresso dei soviet. Le condizioni della pace conclusa dal nuovo governo russo con gli Imperi centrali, erano, a dir poco, durissime. La Russia dovette riconoscere l’indipendenza dell’Ucraina e dovette cedere l’Estonia, la Livonia, la Lituania, parte della Bielorussia e i distretti di Ardahan, Kars, Batum vennero inglobati dalla Turchia. L’articolo due della pace, poi, imponeva dei limiti politici alle parti contraenti, ossia di «astenersi da qualsiasi agitazione o propaganda contro i governi o le istituzioni governative e militari dell’altra parte»[12]. Non potere fare propaganda tra gli operai e i soldati degli imperi centrali depotenziava la spinta universalista del regime sovietico.

In conclusione, come detto all’inizio, questa fu una vittoria di brevissima durata per gli Imperi centrali, i quali nel novembre del 1918 vennero sconfitti. Questo permise ai bolscevichi di far cadere il trattato di Brest-Litovsk; a Versailles gli Alleati dell’Intesa imposero agli sconfitti condizioni di pace altrettanto pesanti, e la Russia venne lasciata libera di risolvere la sua difficile situazione interna.

In Russia, ricordiamo, solo dal punto di vista militare, centinaia di migliaia di soldati russi avevano disertato anche prima della Rivoluzione d’ottobre, consegnandosi prigionieri ai nemici: si stima che nel 1917 approssimativamente un milione di soldati russi erano stati presi prigionieri. Alla fine del 1917 quasi quattro milioni di russi erano in mano tedesca o austriaca, portando le perdite causate dalla prigionia a superare le perdite sul campo di battaglia con una proporzione di tre a uno; la stima più recente dei morti russi nei campi di battaglia è di 1.300.000. La massa dei prigionieri, formata da soldati contadini, era ritornata nelle proprie terre lasciando sotto le armi solo un residuo di sbandati pronti a seguire qualsiasi bandiera li avesse sfamati. Alcuni degli ufficiali ex zaristi si opposero al bolscevismo formando le armate “bianche”, altri si riversarono nell’armata “rossa”, insomma la guerra civile russa stava per cominciare[13]. Difatti, la fine della prima guerra mondiale, come è noto, non risolse i conflitti all’interno della Russia, ma li riaccese con la guerra civile del 1918-1921[14]. Peraltro, non si risolsero neppure i problemi e le tensioni politiche delle altre potenze, lasciate sul tavolo dalla pace di Versailles, che sfoceranno drammaticamente nel secondo conflitto mondiale (1939-1945).

Per quanto riguarda l’immaginario collettivo, il trattato di Brest-Litovsk, sebbene in un contesto totalmente diverso, viene a volte ricordato da alcuni storici, per esempio Roger Bartlett (2007) e Oleg Khlevniuk (2015), per trattare il patto Molotov-Ribbentrop (24 agosto 1939), da loro definito una Brest-Litovsk al contrario[15].

NOTA BIBLIOGRAFICA

AA.VV., I bolscevichi e la rivoluzione d’ottobre. Verbali delle sedute del Comitato centrale del Partito operaio socialdemocratico russo (bolscevico) dall’agosto 1917 al febbraio 1918, Introduzione di Giuseppe Boffa, Editori Riuniti, Roma 1962.

AA.VV., Enciclopedia Treccani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana.

Roger Bartlett, Storia della Russia, Mondadori, 2007.

Ettore Cinnella, 1917. La Russia verso l’abisso, Della Porta Editori, 2012.

Martin Gilbert, La grande storia della prima guerra mondiale, Mondadori, 1994.

Peter Hart, La grande storia della prima guerra mondiale, Newton Compton, 2013.

John Keegan, La prima guerra mondiale,  Carocci, 2004.

Oleg V. Khlevniuk, Stalin, Yale University Press, 2015.

Basil Liddell Hart, History of the First World War, 1930, Papermac New edition 1992.

Vladimir Lenin, Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale, in Opere, Roma, Editori Riuniti, 1966.

Catherine Merridale, Lenin sul treno, UTET, 2017.

Giovanni Sabbatucci, Vittorio Vidotto, Il mondo contemporaneo. Dal 1848 ad oggi, Laterza, 2004.

NOTE

[1]Oggi la città si chiama Brėst (Брэст) ed appartiene al territorio della Bielorussia.

[2]Cfr. voce, Enciclopedia Treccani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana: «Frazione di maggioranza del Partito operaio socialdemocratico russo, costituitasi durante il secondo congresso (Londra 1903) e facente riferimento a Lenin. Ritenendo indispensabile la costruzione di un partito di avanguardia, formato da rivoluzionari di professione e caratterizzato da una disciplina di tipo militare, i bolscevichi. (dal russo bol´ševik “maggioritario”) si opponevano ai menscevichi, fautori di un’organizzazione più ampia ed elastica. Negli anni le divergenze tra le due fazioni si approfondirono, fino alla scissione del 1912 e al conflitto aperto del 1917. Dopo la rivoluzione di febbraio i menscevichi rimasero legati a una prospettiva democratico-parlamentare, mentre i bolscevichi si convertirono alla prospettiva, indicata da Lenin, di un rapido passaggio alla seconda fase, socialista, della rivoluzione, cosa che realizzarono prendendo il potere e sciogliendo con la forza l’Assemblea costituente democraticamente eletta (in cui erano in minoranza). Nel 1918 i bolscevichi assunsero il nome di Partito comunista russo (bolscevico), poi trasformatosi (1925) in quello di Partito comunista (bolscevico) dell’URSS, cui la qualifica di bolscevichi restò legata fino al 1952».

[3]Cfr. Martin Gilbert, La grande storia della prima guerra mondiale, Milano, Mondadori, 1994, pag. 387.

[4]Basil Liddell Hart, History of the First World War, 1930, Papermac New edition 1992: «Revolution broke out in March, superficially against the corrupt entourage of the Tsar, but with more deep-seated moral causes beneath. The Tsar was forced to abdicate and a moderate Provisional Government climbed into the saddle, but without reins. This was only a makeshift, and in May another succeeded it, more Socialist in tendency and outwardly led by Kerensky. While clamouring for a general peace and undermining discipline by a system of committee control suitable to a trade union but not to the field of battle, Kerensky imagined he could send troops against the enemy by platform appeals. Brusilov succeeded Alexeiev in the Supreme Command, and on July 1st the army gained some initial success against the Austrians, especially in the region of Stanislau, only to stop as soon as real resistance was met, and to crumble directly the Germans counter-attacked. By early August the Russians had been driven out of Galicia and the Bukovina, and only policy halted the Austro-German forces on the frontiers of Russia itself. Since the departure of Hindenburg and Ludendorff in 1916, Hoffmann had been in real control of the Eastern Front; his clever combination of strategy and policy did much to complete the paralysis of Russia, and thus release German troops for use in the west. In September the Germans took the opportunity to practise their new artillery methods, for future use in France; their surprise attack, under Hutier’s command, achieved the capture of Riga with scarcely a show of opposition. Next month the Bolsheviks under Lenin overthrew the wordy Kerensky, imposed their self-constituted rule on the Russian people and sought an armistice with Germany, which was concluded in December».

[5]Совет, la parola significa letteralmente «Consiglio», una struttura assembleare finalizzata alla gestione del potere politico ed economico da parte della classe operaia e contadina. Sulla nascita dei soviet, vedi Ettore Cinnella, 1917. La Russia verso l’abisso, Della Porta Editori, 2012, cap.3.

[6]Vladimir Lenin, Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale, in Opere, Roma, Editori Riuniti, 1966.

[7]San Pietroburgo (Санкт-Петербург) fu capitale e per volere dello zar Nicola II nel 1914 fu rinominata Pietrogrado (Петроград). Mantenne questo nome fino al 26 gennaio 1924. Dal 26 gennaio 1924 (5 giorni dopo la morte di Lenin) al 6 settembre 1991 fu denominata Leningrado (Ленинград).

[8]Catherine Merridale, Lenin sul treno, UTET, 2017.

[9]AA.VV., I bolscevichi e la rivoluzione d’ottobre. Verbali delle sedute del Comitato centrale del Partito operaio socialdemocratico russo (bolscevico) dall’agosto 1917 al febbraio 1918, Introduzione di Giuseppe Boffa, Editori Riuniti, Roma 1962, pp. 457-460.

[10]Cfr. John Keegan, La prima guerra mondiale,  Carocci, 2004, cap. 9.3: «I tre mesi dell’armistizio misero fine in realtà alla partecipazione della Russia alla prima guerra mondiale. L’esercito cominciò subito a sciogliersi poiché i soldati lasciavano il fronte per tornare verso quella che credevano sarebbe stata la terra di cui impossessarsi nei loro villaggi. I tedeschi e gli austriaci, a disagio in un primo tempo nelle trattative con rivoluzionari che incitavano al tempo stesso i lavoratori di tutti i paesi, a sollevarsi contro le classi dirigenti, come mezzo per portare ovunque la fine della guerra, non reagirono subito al decreto per la pace di Lenin del 26 ottobre. Quando la rivoluzione mondiale - con grande sorpresa dei bolscevichi - non scoppiò e l’appello per la pace fu ripetuto il 15 novembre i tedeschi decisero di rispondere. Il 3 dicembre una loro delegazione, insieme a quelle di Austria, Turchia e Bulgaria, incontrò i rappresentanti sovietici a Brest-Litovsk, la città fortificata polacca sul fiume Bug persa dai russi nel 1915».

[11]Cfr. Peter Hart, La grande storia della prima guerra mondiale, Newton Compton, 2013, cap. 13

[12]Cfr. Ettore Cinnella, 1917. La Russia verso l’abisso, cit., cap. 9.3

[13]Cfr. John Keegan, La prima guerra mondiale,  Cit., cap. 9.3

[14]Cfr. Roger Bartlett, Storia della Russia, Mondadori, 2007, cap. 6.: «Nella guerra civile – o guerre civili – del 1918-1921, in Russia si scontrarono soprattutto tre grandi gruppi, i rossi bolscevichi (che nel marzo 1918 si diedero il nome di Partito comunista panrusso dei bolscevichi), i bianchi antibolscevichi e i cosiddetti verdi, che rappresentavano gli interessi locali dei contadini. I partiti rivoluzionari moderati, SR e menscevichi, restii a unirsi alle forze reazionarie dei bianchi, benché lontani in modo ormai irreversibile dai rossi e incapaci di trasformare il largo consenso di cui ancora godevano in una qualche forma di potere, si trovarono tra le due principali fazioni in lotta, senza sapere come agire».

[15]Cfr. Roger Bartlett, ivi, «Stalin sostituì prontamente Litvinov con Molotov e si riavvicinò Hitler, che aveva fatto pressione sui suoi diplomatici perché trovassero un accordo con la Russia prima dell’imminente invasione della Polonia. Per i sovietici si trattò di una «Brest-Litovsk al contrario», una pericolosissima strategia a breve termine, l’unica alternativa possibile per guadagnare tempo. Il 24 agosto 1939, Molotov e il ministro degli Esteri tedesco Ribbentrop firmarono un trattato di non aggressione, con un protocollo segreto in cui l’Europa orientale era divisa in sfere di influenza e a Stalin si garantiva libertà d’azione nel Baltico, in Finlandia, nella Polonia orientale e in Bessarabia»; cfr. Oleg V. Khlevniuk, Stalin, Yale University Press, 2015, chap. 4: «The protocol wound up being a sort of Brest-Litovsk in reverse. Hitler needed a worry-free border with the USSR, and he would pay for it with territorial concessions. Stalin kept the threads of the Soviet-German negotiations in his own hands. The only other person involved was Molotov. What history calls the Molotov-Ribbentrop Pact was actually an agreement between Stalin and Hitler».

Immagine: di pubblico dominio.

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