

Il contesto del trattato di Brest-Litovsk
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Il contesto del trattato di Brest-Litovsk
Il 3 marzo 1918, durante la prima guerra mondiale, fu firmato a Brest-Litovsk [1], città fortificata polacca sul fiume Bug (perduta dai russi nel 1915), un armistizio tra le potenze centrali (Germania, Austria-Ungheria, Impero ottomano e Regno di Bulgaria) e la Russia, guidata dal governo rivoluzionario presieduto da Vladimir Il’ič Ul’janov Lenin (1870–1924). La prima conseguenza fu l’uscita della Russia dal conflitto. La ratifica russa avvenne il 15 marzo 1918, sostenuta con vigore dai soli bolscevichi [2], i quali avevano cercato un accordo con gli Imperi centrali per porre fine al conflitto. La guerra vedeva i tedeschi addentrarsi pericolosamente in territorio russo e aveva ulteriormente aggravato le condizioni di un paese stremato, diviso e lacerato dalla guerra civile seguita alla Rivoluzione d’ottobre. Per evitare ulteriori conseguenze destabilizzanti, i bolscevichi accettarono una pace che imponeva alla Russia rivoluzionaria condizioni durissime.
Il 22 marzo il trattato fu ratificato in Germania. Nonostante i considerevoli vantaggi che la pace con la Russia prometteva, come il rafforzamento del fronte occidentale e vaste concessioni territoriali, equivalenti a un’area tre volte superiore alla Germania, il trattato ebbe vita breve. I vantaggi strategici vennero meno poiché, nel frattempo, il Congresso degli Stati Uniti aveva dichiarato guerra all’Impero tedesco il 6 aprile 1917, schierando le prime truppe sul fronte francese a metà del 1918 [3]. I vantaggi territoriali cessarono con la fine della guerra, pochi mesi dopo, con l’armistizio dell’11 novembre 1918 che vide la resa delle potenze centrali. Il Trattato di Versailles del 28 giugno 1919, infatti, annullerà definitivamente le acquisizioni ottenute a Brest-Litovsk. Il 15 marzo 1917 lo zar Nicola II Romanov (1868–1918) firmò la sua abdicazione [3]. Seguì un debole governo provvisorio, che dopo una serie di eventi critici – tra cui l’insurrezione di luglio, repressa dal generale Lavr Georgievič Kornilov (1870–1918), che allo stesso tempo tentò, invano, un colpo di Stato reazionario, e il governo di Aleksandr Fëdorovič Kerenskij (1881–1970) – vide l’ascesa di Lenin, che, rientrato dall’esilio in Svizzera il 3 aprile, tacitamente protetto dalle autorità tedesche, seppe sfruttare l’insoddisfazione popolare nei confronti del nuovo governo.
Attingendo a idee marxiste e considerando l’esperienza storica della Comune di Parigi del 1871, Lenin elaborò il suo programma nelle cosiddette Tesi di aprile, composte da dieci punti. In sintesi, Lenin definì la guerra in corso, proseguita dal governo provvisorio, come «guerra imperialistica di brigantaggio». La borghesia aveva assunto il potere «a causa dell’insufficiente grado di coscienza e di organizzazione del proletariato». Per Lenin era quindi necessario preparare la seconda fase della rivoluzione per conferire il potere al proletariato e ai contadini poveri. Di conseguenza, i bolscevichi non avrebbero dovuto sostenere «in alcun modo» il governo provvisorio. Per Lenin, solo i soviet [5] operai rappresentavano «l’unica forma possibile di governo rivoluzionario» e dovevano liberarsi dall’influenza della borghesia «perché le masse possano liberarsi dei loro errori sulla base dell’esperienza». La Russia avrebbe dovuto trasformarsi in una repubblica dei soviet dei delegati degli operai, dei salariati agricoli e dei contadini. L’esercito permanente sarebbe stato sostituito dal popolo in armi e i funzionari statali sarebbero stati tutti eleggibili e revocabili, con uno stipendio pari a quello medio di un operaio. Il programma agrario del partito avrebbe dovuto prevedere la confisca di tutte le grandi proprietà fondiarie e la nazionalizzazione di tutte le terre, mettendole a disposizione dei soviet locali. Era necessario procedere all’aggregazione di tutte le banche del Paese in un’unica banca nazionale, posta sotto la supervisione dei soviet dei delegati operai. Tuttavia, non si trattava ancora dell’«instaurazione del socialismo», ma di un primo momento di controllo della produzione e della società. Lenin indisse quindi un congresso per approvare le modifiche al suo programma e il cambiamento del nome da «socialdemocratico» a «comunista». Secondo Lenin, la socialdemocrazia aveva tradito il socialismo ed era pertanto necessario distinguersi da essa. Infine, era necessario creare una nuova Internazionale veramente rivoluzionaria [6].
Nel frattempo, la guerra stava volgendo a sfavore della Russia. Il 12 ottobre, i tedeschi misero in atto l’Operazione Albion, che condusse, il 21 ottobre, alla conquista dell’arcipelago estone all’imboccatura del golfo di Riga. La città di Pietrogrado [7] sarebbe stata, probabilmente, il prossimo obiettivo. Lenin doveva
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