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Perchè dormiamo?

Perchè dormiamo?

Published May 21, 2024 Updated May 21, 2024 Health
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Perchè dormiamo?

Il sonno è davvero un’attività necessaria? Spendiamo un terzo della nostra vita con gli occhi chiusi, perché è necessario farlo? Non sarebbe meglio poter spendere quel 30% del nostro limitato tempo facendo altro, come studiare o fare attività fisica? Dobbiamo presupporre che sia una necessità fisiologica, come mangiare o respirare, o possiamo farne a meno? 

Il sonno è da sempre oggetto di studio, ma essendo originato principalmente dal cerebro, le tecniche per studiarlo efficacemente si sono sviluppate soltanto nell’ultimo periodo, ed è una scienza ancora molto agli albori. Si potrebbe però schematizzare le conoscenze attuali in questo modo: 

Possiamo suddividere una notte di sonno in 4 fasi successive che si ripetono per 5 volte (5 cicli) durante un periodo di sonno di circa 8 ore. Ogni ciclo dura quindi circa 90 minuti, e le 4 fasi occupano questa ora e mezza in porzioni differenti a seconda del momento della nottata che stiamo analizzando. Infatti, ogni fase comporta delle modificazioni fisiologiche estremamente importanti, e la successione delle fasi garantisce un rispristino dell’attività cerebrale, assieme ad un consolidamento della memoria e ad una “pulizia” dai materiali consumati dal cervello durante le lunghe giornate di lavoro, oltre che un ripristino dell’attività emotiva e un risanamento cellulare dell’intero corpo. Le fasi si suddividono generalmente in due macrocategorie, semplicemente perché per gli scienziati è stato più facile distinguerle con le metodologie sperimentali degli albori di questa scenza, e sono: 

-Sonno REM; 

-Sonno non REM. (composto da fase N1, N2, N3). 

Cerchiamo di capire il perché di questa prima macro-divisione. Il sonno REM (Rapid Eye Movement) è un sonno caratterizzato da rapidi movimenti oculari, ovvero quando il paziente dorme è possibile vedere i suoi occhi che si muovono sotto le palpebre chiuse. Il sonno non-REM è invece distinto dall’assenza di questi movimenti. 

Andiamo ad ordinare ed analizzare nel dettaglio le 4 fasi del sonno secondo il loro susseguirsi durante la notte.  

La prima parte del ciclo è caratterizzata dalla categoria del sonno non-REM, il quale si suddivide ulteriormente in 3 fasi, ognuna rappresentante un livello di “intensità del sonno” maggiore. Con l’aumentare dell’intensità del sonno si ha un distaccamento dalla realtà sempre maggiore, ovvero si ha una diminuzione dell’attività sensoriale e muscolare, con un forte rilassamento (tanto che nelle fasi più profonde rallenta anche il ritmo respiratorio) e una diminuzione della capacità di termoregolazione (brividi, sudore). Si tratta quindi di un isolamento dal mondo esterno. La prima fase del sonno non-REM è nota come N1, ed è caratterizzata da un inizio di diminuzione dell’attività cerebrale. I nostri neuroni, infatti, divisi per piccoli gruppi di competenza in diversi settori cerebrali, funzionano all’unisono ma indipendentemente durante il periodo di veglia. Questa loro attività è quantificabile e caratterizzabile attraverso un Elettro Encefalo Gramma (EEG): uno strumento che identifica l’attività elettrica di questi gruppi di neuroni disegnando su schermo una linea orizzontale che viene sollecitata e modificata dall’attività elettrica biogenerata, rappresentata secondo la sua intensità sotto forma di brevi segmenti mossi secondo l’asse verticale della linea madre. Ebbene, durante la fase N1 questi brevi segmenti sono molto simili alla fase di veglia, appaiono solo un po' più rilassati e sono caratterizzati dalle cosiddette onde theta. Si distingue quindi da un EEG di veglia per pochi particolari; è il momento iniziale della perdita di coscienza e dà luogo ad un rallentamento graduale dell’attività cerebrale, che raggiungerà il suo massimo alla fine del ciclo non-REM. Nella fase N1 avviene quindi un certo grado di diminuzione dell’attività cerebrale, propedeutico per avviare la fase N2. In questa seconda fase del sonno non-REM, che potremmo definire di sonno semi-profondo, l’EEG identifica un rallentamento dell’attività cerebrale sotto forma di onde sempre più armoniche, con ampi picchi e periodo rallentato. Anziché essere delle brevi increspature, sono sempre più simili a delle placide onde. Questo sonno è caratterizzato soprattutto dalla presenza dei complessi K, picchi improvvisi di onde marcatamente allungate e allargate. I complessi K in un certo senso anticipano la fase di sonno più profonda della nottata nota come N3. Questo significa che i gruppi di neuroni che prima lavoravano in modo individuale, si stanno organizzando per produrre impulsi elettrici in sincronia, almeno in piccoli gruppi, e le onde K sono indicatrici di una grande ma sporadica sincronia tra gli impulsi elettrici. Nella fase N3 fase del sonno non-REM l’EEG mostra onde lente e di grande ampiezza. Da un punto di vista fisiologico, questo significa che l’attività elettrica che riceve l’apparecchio è sincronizzata, ovvero i neuroni producono potenziali elettrici in sincronia. Si tratta di un momento molto particolare in quanto tipicamente, se ad esempio pensiamo al momento di veglia, ogni neurone ha un gran da fare per raccogliere ed elaborare dati ambientali, sviluppare una risposta adeguata e metterla in atto, e questo si traduce con un EEG asincrono (onde veloci e di bassa ampiezza), in cui ogni gruppo di neuroni produce risposte in maniera autonoma. Nel sonno N3 invece accade l’esatto contrario, i gruppi di neuroni si accordano e lavorano attivandosi e disattivandosi in sincronia. Si crede che in queste fasi del sonno avvenga la riparazione e la pulizia dei neuroni dagli scarti, e soprattutto il consolidamento delle informazioni apprese durante la giornata sotto forma di “memoria”. Infatti, i neuroni sono capaci di “ripassare” le nozioni giornaliere tramite l’attivazione di un codice neurale, una sequenza di attivazioni neuronali che permette di mantenere conoscenze motorie, nozionistiche, geografiche, verbali, sonore ecc. E lo fa, anziché ripeterlo in tempo reale come faremmo noi durante il giorno, in pochi millisecondi. Durante il primo ciclo di sonno la fase N3 è la più lunga, diminuendo la sua durata nella successione dei cicli fino a non venire nemmeno rappresentata dal sesto ciclo di sonno in poi. Dopo la fase N3 avviene la fase REM, caratterizzata da un sonno molto meno profondo. La “pulizia” cerebrale è coadiuvata da speciali cellule chiamate astrociti che, modificando la propria forma, permettono il fluire di acqua dal fluido cerebrospinale al sistema linfatico, attraverso quello che viene nominato come sistema glinfatico (equivalente al sistema linfatico, ma per il cervello).  

La fase REM: è caratterizzata da un'attività cerebrale molto simile a quella che si ha durante la veglia, con un EEG definito a “dente di sega”. I gruppi di neuroni lavorano quindi di nuovo in modalità asincrona, ed è un momento di grande attività cerebrale. Si riattivano i collegamenti con gli stimoli esterni, rendendo il sonno molto più leggero. In questa fase avvengono i sogni più narrativamente, sensorialmente ed emotivamente complessi, caratterizzati da un pensiero illogico e bizzarro. Il corpo rimane comunque scollegato dal mondo esterno, siamo pur sempre in una fase di dormienza, e il sogno ripercorre spesso temi emotivi centrali nella nostra memoria, spesso in senso negativo. Il ripassare eventi traumatici è una sorta di addestramento del cervello a situazioni che abbiamo percepito come estremamente gravi, e riproporle è una tecnica per trovare nuove soluzioni in caso avvengano nuovamente anche nella vita reale. Si tratta di uno stato iperassociativo, in cui l’intensità dei neurotrasmettitori utilizzati dai neuroni è più intensa rispetto alla veglia, e di conseguenza aumentano anche le esperienze sensoriali. Nel susseguirsi dei diversi cicli del sonno, al diminuire della lunghezza della fase N3 corrisponde un aumento della lunghezza della fase REM, che occupa grandi porzioni dei cicli della sesta e settima ora, quindi subito prima di svegliarsi.  

L'attivazione del sonno REM, non-REM e della veglia sono mediate da complessi di neuroni il cui compito principale è attivare una fase inibendo le altre due. È impossibile che un cerebro umano sano possa attivare la fase di veglia e il sonno REM contemporaneamente. Sonno e veglia sono due stati molto stabili, e c’è bisogno di un'attività di inibizione diretta ai neuroni della veglia da parte dei neuroni del sonno per indurre lo stato di riposo. E lo stesso vale per il sonno REM e non-REM. È un meccanismo estremamente complicato, e soprattutto coadiuvato da segnali, sia interni che esterni al corpo. In primis il ciclo di veglia e sonno segue il “ciclo circadiano” (circa- dies, attorno al giorno). Questo rappresenta la perfetta sincronia tra giorno terrestre di 24 ore e giornata di noi esseri umani. Infatti, ci siamo evoluti per seguire le tendenze giornaliere di variazione di luce e temperatura al fine di adattarci al meglio alla sopravvivenza su questo pianeta. Con l’avvento della sera, il corpo umano anticipa lo stato di sonno promuovendo la produzione di molecole ipnogene, come melatonina, che viene prodotta a partire da metà pomeriggio quando comincia a calare il sole. Un altro esempio di molecola che induce il sonno è l’adenosina: questa si accumula nel cervello durante la giornata e viene eliminata solo tramite il sonno. Si tratta di un componente fondamentale del ATP (Adenosin TriFosfato) che svolge nel corpo umano la funzione di batteria tripla A. L’ATP è la metodologia favorita del nostro corpo per il trasporto di energia dai mitocondri verso tutte le altre cellule. Avere tanta adenosina è quindi un sintomo di grande dispendio energetico, e quando questa si accumula in grandi quantità nel cervello si ha una sensazione di stanchezza e di sonno. Ma l’uomo è troppo furbo per seguire il naturale ciclo circadiano, ed ha scoperto che quando ingerisce caffeina questa si lega ai recettori adenosinergici, impendendogli di controllare la quantità di adenosina presente nel cervello e quindi “bloccando” la sonnolenza.  

Il ciclo circadiano, che ci fornisce segnali puramente esterni al nostro corpo, si accoppia alla pressione omeostatica del sonno, ovvero il complesso di sistemi interni al nostro corpo che, come abbiamo appena accennato, inducono naturalmente la sensazione di stanchezza e sonno. Questi si accumulano durante la giornata e vengono ripuliti durante le fasi iniziali del sonno (È questo che rende i sonnellini brevi così efficaci nel trattare la stanchezza derivata dall'aver dormito poco la notte precedente. Per eliminare la sensazione di stanchezza è semplicemente necessario lasciare che il corpo elimini questi prodotti di scarto, cercando di evitare di domrire troppo a lungo, che ci farebbe entrare in uno stato di sonno profondo). Il momento migliore per dormire è proprio quando questi due cicli coincidono, ovvero la notte dopo una lunga giornata di veglia. Il corpo ci dirà che è stanco, e i segnali provenienti dall’esterno combaceranno con l’intenzione di dormire.  

Il ciclo circadiano e l’omeostasi del sonno sono però soggette a modificazioni, soprattutto nel mondo moderno, causate ad esempio dalle luci artificiali e dell’attività ludica svolta prima del sonno. Infatti, il cervello è facilmente stimolabile, ed è sempre più interessato agli stimoli positivi che al sonno. Tutto ciò che può portare ad una ricompensa lo induce a ritardare il momento di cessare la veglia. Si tratta di tutte quelle attività che attivano i recettori di noradrenalina, serotonina, istamina, dopamina, che a loro volta inibiscono i neuroni del sonno. Prima di andare a dormire è quindi assolutamente necessario evitare di fissare luci intense, in quanto i neuroni che inducono il rilascio di melatonina lo fanno solo quando c’è un importante riduzione della quantità di luce, ed evitare di eseguire attività caratterizzate da forti ricompense di dopamina come guardare i social media. 

Il sonno non è quindi un momento di non veglia, come si presupponeva agli inizi del secolo scorso, ma è un momento di elevata attività cerebrale e soprattutto di ripristino delle condizioni del cervello per il giorno successivo. È un momento in cui tutto il nostro corpo viene riparato a livello cellulare e in cui gli scarti prodotti durante la giornata hanno il tempo di essere smaltiti.  

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