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LE LACRIME DELLA DEA #1

LE LACRIME DELLA DEA #1

Pubblicato 27 apr 2022 Aggiornato 27 apr 2022 Cultura
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LE LACRIME DELLA DEA #1

La sua voce acquista un tono di rispettoso timore. E’ rasserenato nel vedere la fine del viaggio.
Il cavaliere contempla una cascata sotterranea, coronata da ruscellamenti. Correndo lungo la parete dei rivoli d’acqua solidificano formando stalattiti.
La capigliatura zampillante ruggisce impetuosa le sue goccioline e si innalza verticalmente in altezza fino ad ottanta passi.
Le preghiere della folla di pellegrini che si spingono e si pigiano ai suoi piedi coprono appena il brusio delle acque che si spandono in molteplici piccole vasche nella caverna monumentale. 
Il gruppo di quattro persone che accompagna il cavaliere comincia a muoversi fra le vasche alla ricerca di una stele incisa in vardoziano antico.
-Queste vasche naturali sono chiamate Fontane di pietra. Degli asceti appartenenti a tutti i popoli vengono qui dall’inizio dei tempi, per abbandonarsi ai flutti della cascata per essere pietrificati vivi.
Alcuni per devozione, altri per entrare in meditazione et attendere l’illuminazione.
 
 
Il nano picchietta con il pomello della sua arma il bordo umido di un vaso sigillato al suolo scolpito con bassorilievi.  Il suo gesto esplorativo non consente di capire se è semplicemente pensieroso o se egli stia guardando qualcosa in particolare.
Egli ha parlato all’indirizzo di una semi-elfo che avanza prudentemente. Egli prosegue :
- Altri infine, innamorati trapassati o amanti abbandonati trovano questa fine meno disonorevole che il suicidio, e più colpevolizzante per quello o quella che questo intende.
- Il suo tono si fa più forte rivolto all’attenzione della semi- elfo. Come se si dovesse interrompere qualcosa, il chierico che li accompagna aggiunge:
- Sapete da dove viene questo potere pietrificante che tuttavia mantiene la coscienza e la vita?
- Non si sa, e per dirla tutta non ci se ne preoccupa. Ciò che importa è trovare la stele che ci permetterà di sapere di più del barbaro.
- Egli è probabilmente la chiave che ci aprirà il nuovo antro di Tamat. È l’unica pista di cui disponiamo da quando abbiamo iniziato la ricerca.
 
L’uomo che ha appena parlato è giovane. Egli ha preso il tempo necessario per togliere i guanti sottili ed il cappuccio di un mantello grigio topo. Egli sgancia dalla cintura un contenitore di erbe.
 
- E non c’è modo di fare uscire queste persone dal loro stato di pietrificati viventi?
La semi- elfo, ha un’espressione rattristata voltandosi verso il giovane.
 
- Ovviamente è per questa ragione che sono stato ingaggiato: ecco la spezia Arancio o Croce – viva. E’ un ‘erba da bruciare che si trova solamente a Xouröt, la più alta sommità dell’Impero. I religiosi se ne servono per le invocazioni da tempi immemorabili.
 
Il chierico, scandendo il suo passo con il suo bastone da pellegrino, si avvicina al giovane tendendo la mano. È un uomo alto, dai toni moderati e dall’andatura sicura.
 
I suoi compagni lo chiamano per nome, Boltansk, sebbene egli abbia la particella  di cui si accontentano gli ultimi discendenti della  nobiltà vardoziana.
L’età matura e l’aura di autorevolezza dell’uomo di chiesa non impressionano minimamente il giovane.
 
Ridammela e mettiamoci in cerca della stele, ci avviciniamo all’obiettivo.
 
Questa è inutile, pio e venerabile Boltansk. Ho trovato l’asceta. Se volete seguirmi.
 
Toshiaki Kato Art
 
Il cavaliere si era assentato. Egli interroga dei membri della santa milizia che custodiscono l’accesso alle vasche. La stele sarebbe stata introvabile senza il loro aiuto. Essa era sparita sotto degli aggregati di spruzzi solidificati. Era ciò che accadeva alle statue che non erano fissate in modo regolare.
 
L’asceta era seduto a gambe incrociate, il dorso dritto e la fronte alta. I tratti del suo viso si distinguevano ancora nettamente. Gli angoli della bocca lasciavano intravvedere un placido sorriso.
La sua veste, in un solo pezzo, molto larga e l’assenza di capelli, gli donavano l’aria del monaco in totale raccoglimento.
Il giovane aveva preso tempo prima di restituire la spezia al chierico. Quest’ultimo, abbastanza infastidito da queste false cortesie entrò nella vasca, immergendosi fino alla cintura, curando di mantenere una mano in aria, al fine che l’erba resti asciutta.
Egli girava in tondo senza saper bene dove posizionarsi davanti alla statua.
Il nano gli tendeva un accendino a stoppino, indicandogli una roccia alla sua sinistra, sulla quale affiorava una coppa. L a sua forma si era quasi fusa insieme alla roccia, per deposizioni successive di sedimenti.
L’azione che si svolgeva in questo istante si snodava nell’indifferenza degli altri gruppi di pellegrini. Essi erano occupati nelle abluzioni, preghiere e canti, senza vedere null’altro che ciò per cui erano venuti. La semi-elfo, concentrata:
 
- Non fatela bruciare. La sua sola presenza in offerta dovrebbe essere sufficiente a risvegliare l’immortale.
Appena aveva posato il filo d’erba secco nella coppa, gli occhi della statua divennnero lucenti. Poi delle particelle di pelle a livello del viso, degli avambracci, delle mani cominciarono a prendere il colore rosa. 
Interi pani di pietra cominciarono a dissolversi. In qualche istante una nuova silhouette vivente, mantenendosi in mezzo a loro, sorgeva dalla pietra.
 
Chi mi riporta dalla mia lunga preghiera?
 
Ognuno dei membri del gruppo si avvicinò e si presentò.
Il chierico chiese all’immortale se era stato il consigliere personale di un eroe oggi sparito. Una volta stabilita la sua identità in modo certo, il chierico divenne più preciso.
 
Onorabile Ener Georg Komaì, noi chiediamo di sapere se Konrad il barbaro, è stato coinvolto negli avvenimenti che hanno preceduto l’assedio di Port – Kro, fino alla sua conclusione, e ciò che è avvenuto di lui in seguito.
 
- Bene, cercherò di fare rivivere per voi questi avvenimenti di cui nessuno dei protagonisti ha saputo prevedere l’esito.
Alcune credenze parlano di una mano del destino guidata da una divinità malvagia o della grande tavolata degli dei che è preposta al teatro delle nostre vite, tirando le fila di un gruppo di marionette chiamate mortali. La mia esperienza di asceta mi porta a pensare che ciascuno deve rispondere delle proprie scelte, ma che nulla è scritto: qualunque sia l’intenzione, questa può cadere nell’assurdo o salire i gradini della gloria.
 
 Oltre questa pietra bianca che invade tutto, c’è per il meditante attento e perseverante l’apertura su una visione ramificata. Ho potuto rintracciare il cammino percorso da ogni essere, protagonista di questa storia, che ha potuto illuminare questa parte di vita del mio maestro. Attuando una tecnica di meditazione da me scoperta e sperimentata.
Grazie alle Lacrime della Dea, benedette siano esse e la Sua capigliatura bagnata di lacrime, - egli custodisce la cascata al disopra di lui -, la cui schiuma pietrifica i pensieri non ancora compiuti, ho potuto vedere ogni scena, soffermarmi su ogni personaggio, tornare indietro e riprendere, attraverso la visione di un’altra entità, il filo invisibile del loro divenire.
 
Invisibile, per nulla: ogni personaggio porta con sè un filo di colori, che non è visibile se non al terzo occhio dei meditanti e ad alcune creature che percorrono i meandri del Tempo. È risalendo il filo individuale dei protagonisti che io ho potuto ricostruire il racconto che rivela a ciascuno secondo la propria natura. Così la Viverna è stata svelata.
 
Poiché non è il maestro che trova l’allievo, ma è l’allievo che sceglie il maestro. E ogni vero maestro non appare se non quando l’allievo è pronto.
 
Io dico il mio maestro poiché all’origine del mio percorso di asceta, ho fatto parte del primo gruppo dei suoi seguaci, che si erano riuniti clandestinamente alla porta Est di Port-Kro. E chi formò la nuova falange di partigiani che lo seguì più tardi, nelle province settentrionali dell’Impero.
 
La mia funzione? Io ero una specie di cappellano errante. Io soprintendevo all’accompagnamento delle famiglie che si formavano intorno a Konrad, durante il suo viaggio. Io celebravo le nascite con la cerimonia dell’attribuzione del nome, ma anche i matrimoni; io effettuavo l’accompagnamento dei moribondi e le orazioni funebri.
Konrad autorizzava tutte le credenze, finché esse permettevano l’individualità, il fiorire del Bene e favorivano il libero arbitrio. È così che egli divenne il mio Signore. Egli fu per me al tempo stesso un amico, un compagno di viaggio e il Signore Supremo.
 
Il mio maestro non era loquace. Io mi domando talvolta chi, fra coloro che gli erano vicini, avrebbe potuto conoscere il suo pensiero più profondo? Degli spiriti malevoli hanno interpretato il fatto che il mio maestro parlasse poco come indice di debolezza di carattere e di spirito. Questa maschera di silenzio non gli ha impedito di diventare un re amato dai suoi sudditi. Il suo reame, egli lo ha costruito con le sue mani. I suoi nemici sono stati impietosi, ma egli si è sempre sforzato di sopportare, sopravvivere e vincere ciò che lo poteva distruggere.
 
Il meditante corregge la sua postura sulla roccia, come se si fosse appena seduto. Il suo volto passò da un’espressione neutra ad un sorriso ispirato.
Mentre parlava egli fissò ciascuno dei suoi interlocutori con un’espressione compassionevole.
 
- Quello che sto per raccontarvi ora è stato riportato dai testimoni di quei giorni funesti e ravvivato dal frutto dei miei ricordi personali.
All’epoca io ero un giovane monaco errante. Il nostro monastero era stato distrutto al tempo della prima invasione della Colonie. Il padre superiore aveva dato ordine alla nostra congregazione di disperderci e aveva confidato a ciascuno di noi un koan.
 
Il koan è un enigma da conservare come supporto della riflessione personale di cui ciascuno doveva rendergli conto, una volta all’anno, quando la comunità si riuniva sulle rovine del nostro centro spirituale.
 
La semi – elfo fa passare ai suoi compagni il suo mantello, perché coprissero le spalle dell’asceta. Egli le indirizzò un sorriso di gratitudine ricevendolo, con il quale si avvolse con rispetto.
 
Il koan è rilasciato dal maestro all’allievo. Il maestro consente così al pretendente di sperimentare la più grande Luce aprendo una porta in se stesso che non ha la missione di essere richiusa.
 
Il mio koan era quello di trovare il guerriero pacifico e di servire il suo destino.
 
Il primo incontro con il mio maestro ha avuto luogo quando meditavo alla porta Est di Port-Kro.
 
Egli ritornava dal suo luogo di preghiera.
.
Alan Lee

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