MÉMOIRE COLONIALE ET FRACTURES DANS LES REPRÉSENTATIONS CULTURELLES D’AUTEURESCONTEMPORAINES
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MÉMOIRE COLONIALE ET FRACTURES DANS LES REPRÉSENTATIONS CULTURELLES D’AUTEURESCONTEMPORAINES
Oltreoceano is the journal of CILM (International Research Center on Migrant Literatures). It publishes essays in English, French, Italian and Spanish on the literary, linguistic, cultural production of subjects migrating to the Americas.
Female Gazes on the Cultural Clash
The present considerations arise from the need to warn the reader on the reasons that led us to publish issue 20 of Oltreoceano as a special issue. In it, through multiple approaches to the feminine, we wanted to offer a panorama as complete as possible on the function of memory reactivated in the twentieth and twenty-first centuries, relating to the cultural, artistic French and French-speaking space of the colonial period. Evident is the need to appropriate ancient values that time has shaped through the discourse of globalization so as to reaffirm their individual specificities. A choir of women, writers and artists in a broad sense, makes their voices heard by proposing alternative cultural models. The result is that of making the reflect on the concept of the real, the ideological and the social frontier.
SGUARDI FEMMINILI SULLO SCONTRO CULTURALE
Il presente numero speciale della rivista Oltreoceano si inserisce in un’ampia progettazione del discorso migratorio tutt’altro che strisciante all’interno della letteratura francofona e in generale di tutte quelle realtà che, nel XXI secolo, rientrano nell’ampio spettro della letteratura post-nazionale. Tra le conseguenze della globalizzazione, accanto alla sporadica figura “storica” del migrante dei secoli precedenti, si registra l’aumento di grandi flussi migratori anche all’interno del medesimo continente, fenomeno impossibile da ignorare per le implicite dimensioni politiche ad esso collegate nel mettere in discussione lo stato-nazione (Blengino, Volpi), passato e presente, memoria storica e sua ricezione nella società attuale.
Non stupisce il crescente interesse per gli studi del settore che affondano nel variegato e sofferto mondo dell’emigrazione nel tentativo di evidenziare il senso più profondo di un’operazione, apparentemente ingenua, all’interno di un progetto culturale e politico di ben più ampio respiro. Inoltre, evidente la necessità di chiarire l’aporia tra “l’impulso dominante della globalizzazione e il ritorno ossessivo alle tradizioni” (Villoro) che rendono alquanto difficile comprendere la direzione in cui si muovono i continenti americano, europeo ed africano sotto la spinta di velocità diverse. Da qui la pregnante attualità del significato umano, ma anche dell’apporto di cultura in esso compreso, colti da sguardi femminili, attraverso angolazioni ora marginali, ora dirette, ora trasversali, di usi e di costumi socio-culturali, modificatisi esteriormente nel corso del tempo, ma i cui valori permangono invariati.
Una prospettiva che ne privilegia l’osservazione e la promozione di mutamenti sempre più determinanti per l’evoluzione di una politica migratoria atta a stabilizzare un ordine sociale, di per sè dinamico e complesso, a maggior ragione se violentato da massicci arrivi o partenze.
Da qui l’espansione di settori d’indagine vincolati allo spazio culturale ed artistico francese e francofono del periodo coloniale, la cui memoria è riattivata nei secoli XX e XXI in maniera difforme da discendenti di coloni e di colonizzati. Le indagini, per tanto, affondano nella produzione di donne impegnate in ambito letterario, cinematografico e teatrale in una rilettura della storia vivificata dall’utilizzazione di stilemi e di generi correnti affrontati da una situazione di marginalità. Ci. permette, attraverso sfumature del linguaggio e tessendo reti alternative nell’ordine simbolico, di impadronirsi di nuovi spazi, di situarsi nel luogo di produzione, di discussione, di confusione dei significati, per vederli nascere un’altra volta. Frontiere reali e ideologiche considerate come una ferita aperta (Anzald.a) si frantumano: ricorrendo alla figura retorica dell’adynaton, viene presentata una situazione assolutamente irrealizzabile attraverso il confronto con un’altra circostanza, per essere partecipi di un processo in cui immaginazione e realtà si confondono o si permutano, per documentare la realtà come si presenta sia pur filtrata dalla “passione” nella sua valenza di sofferenza.
Sorgono spontanee alcune domande: queste artiste sono davvero riuscite a farsi interpreti della realtà, storica, politica e sociale emancipandosi dalla propria condizione di subalternità? Hanno proiettato visioni alternative del mondo, liberandolo dai modelli dominanti e dai linguaggi del potere? Le conclusioni spettano al lettore anche se da parte mia è d’obbligo un’ultima considerazione: mano a mano che ci si addentra nel complesso e labirintico mondo femminile, in costante evoluzione, si concretizzano solide e differenziate argomentazioni. Esse vengono amplificate dalla polifonia di espressioni che si completano, eco di una voce collettiva, nello sforzo di ubicare la propria testimonianza tra le coordinate più ampie della storia. Una restituzione della realtà, dotata sempre di una propria suggestività evocativa, non meno concreta e la cui portata in ogni senso, anche in quello etico sociale, dipende non solo dal processo della memoria, ma da altri ragioni, in primo luogo dai contenuti che essa è chiamata ad esprimere. Queste affermazioni chiariscono il rapporto tra storia / memoria sia nel senso fenomenologico sia in quello più semplice di diaframma tra coscienza e realtà per fini cognitivi ed espressivi. Da qui la decisione di dedicare l’intero numero, nella versione speciale, all’area francofona.
Silvana Serafin