LEGALITÀ E RELAZIONI FAMILIARI
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LEGALITÀ E RELAZIONI FAMILIARI
Come noto, la prima sede naturale per la formazione della cultura della legalità è costituita dalla famiglia, dal nucleo in cui si cresce e si viene educati, dagli adulti di riferimento affettivo e dai loro stili di vita. E allora come porsi di fronte alla realtà di una devianza in famiglia? Può verificarsi il caso del minore deviante o dei genitori che abbiano consapevolmente intrapreso la strada della criminalità o anche il confronto con un genitore detenuto in espiazione di pena per un reato commesso. Essenziale, in tutte queste ipotesi, è cogliere la valenza pedagogica, rieducativa delle vicende e attuare percorsi volti a individuare il recupero delle risorse educative disponibili. Senza dilungarsi in argomenti, all’evidenza complessi e specialistici, si richiamano alcune linee guida e modelli di intervento sino a
ora attuati dalle istituzioni coinvolte. Per quanto riguarda i minori devianti va evidenziato che sono state pubblicate a Vienna il 22 maggio 2017, durante la 26° Commissione per la prevenzione del crimine e la giustizia penale delle Nazioni Unite, le linee guida sui minori in contatto con la giustizia per fornire strumenti operativi per la comprensione e rieducazione dei minori devianti. Si ricorda anche che l’Agenzia europea dei diritti fondamentali dell’Unione europea e la Corte europea dei diritti dell’uomo hanno pubblicato, il 20 novembre 2015, Giornata mondiale per l’infanzia, il Manuale di diritto europeo in materia di diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che raccoglie la normativa e le prassi giurisprudenziali elaborate nel contesto europeo. Sempre in tema di giustizia penale minorile, si ricorda la Direttiva 2016/800 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2016, relativa alle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali. Questa direttiva detta in ambito comunitario una disciplina specifica per i procedimenti penali nei confronti dei minori, con un corpus di norme tra loro connesse e pensate per le specifiche esigenze dei minori nel corso del procedimento penale. Come esplicitamente indicato nelle premesse “obiettivo della presente direttiva è stabilire garanzie procedurali affinché i minori indagati o imputati nei procedimenti penali siano in grado di comprendere e seguire il procedimento, esercitare il loro diritto a un equo processo, evitare la recidiva e promuovere il loro reinserimento sociale”, dovendosi intendere per minori “le persone di età inferiore a 18 anni (art. 3)”. Essenziale si ritiene la norma, di cui all’art. 4 della direttiva, che sancisce il diritto del minore a essere informato dei suoi diritti e di quanto concerne gli aspetti generali dello svolgimento del procedimento e quanto disposto dall’art. 7 in ordine al diritto a una valutazione del minore individualizzata, che tenga conto “delle specifiche esigenze del minore in materia di protezione, istruzione, formazione e reinserimento sociale”, nel rispetto del principio essenziale del best interest of the child.
Mentre per quanto riguarda il problema della Famiglie criminogene, va ricordato che in data 31 ottobre 2017, il Consiglio Superiore della Magistratura ha adottato una delibera relativa alla tutela dei minori nell’ambito del contrasto alla criminalità organizzata, al fine di evitare che le condotte illecite dei familiari inseriscano i minori in dinamiche criminose, così da configurare un maltrattamento degli stessi, ai quali di fatto viene negata una crescita adeguata. Questi minori, costretti a vivere, sin dalla nascita, in contesti familiari continuativamente dediti ad attività
criminali vengono gravemente lesi nel loro diritto a essere educati ai valori di una convivenza civile, finendo per assimilare come normali modalità di comportamento e di pensiero gravemente devianti, che li porteranno a subirne gli effetti giuridici, sociali, personali con un “livello di radicamento in logiche di vita delinquenziali del contesto familiare e sociale di provenienza” che impediscono di fatto al minore di trovare “le condizioni che gli consentano la ripresa o, addirittura, l’avvio di quel percorso formativo che dovrebbe caratterizzare l’età evolutiva”. In alcune realtà “i contesti criminali presentano una forte connotazione familiare, pertanto il coinvolgimento di minorenni, anche non imputabili, in attività delittuose è norma di vita, con grave violazione dei doveri riconnessi alla responsabilità genitoriale […] le famiglie mafiose sono delle famiglie maltrattanti, abusanti dei loro figli”. Il fenomeno riguarda anche tutti i minori che essendo cresciuti in contesti “profondamente degradati e a elevato tasso di inosservanza dell’obbligo scolastico, entrano in contatto con gli ambienti mafiosi in cui vengono educati all’odio, alla vendetta e
all’uso della forza”.