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EDUCAZIONE ALLA LEGALITÀ: UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE PER LA SUA DIFFUSIONE

EDUCAZIONE ALLA LEGALITÀ: UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE PER LA SUA DIFFUSIONE

Published May 2, 2023 Updated May 2, 2023 Culture
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EDUCAZIONE ALLA LEGALITÀ: UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE PER LA SUA DIFFUSIONE

Secondo vari autori l’educazione alla legalità è un aspetto dell’educazione alla cittadinanza. In questa prospettiva è stata sottolineata la forte rilevanza dell’educazione civica non da molto rintrodotta nelle scuole.

A livello accademico esiste un dibattito sulla civicness che è stato iniziato dal famoso sociologo della politica Robert Putnam e che costituisce nel mondo un punto di riferimento. In estrema sintesi, Putnam sostiene che le associazioni sono di grande importanza per la vita democratica. Di fatto in Italia notiamo ad esempio che le associazioni combattentistiche sono in prima fila, in tante iniziative, dal semplice volontariato in favore di bambini e anziani fino alle donazioni di sangue.

La proposta di un “servizio civile universale e obbligatorio” è stata lanciata dalle associazioni di tre importanti figure militari: gli Alpini, i Bersaglieri e i Fanti. Il servizio obbligatorio è educativo perché prepara a una cittadinanza esercitata attraverso strutture disciplinari, in maniera impegnata, consapevole e responsabile. Il servizio militare prevede una forma specifica di disciplina, inesistente nel volontariato sociale. 

Proprio la Costituzione dice, nell’articolo 54, che le funzioni pubbliche debbono essere adempiute “con disciplina ed onore”. Una volta interiorizzata durante il servizio militare, la forma mentis dei doveri e della disciplina porta le persone a una continuità di impegno civile che prosegue anche dopo aver deposto la divisa militare. 

Malgrado le accuse di eccessi di permissivismo, in Italia sono state compiute scelte molto rigorose. Con il progetto Liberi di scegliere il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria ha intrapreso azioni mirate e innovative al fine di salvaguardare la regolare crescita psico-fisica dei ragazzi provenienti da contesti familiari di criminalità organizzata, inclusa la recisione del nesso familiare e generazionale. Molto discussa è stata l’adozione di misure estreme come allontanamento e il provvedimento di decadenza dalla responsabilità genitoriale nei confronti di famiglie caratterizzate dalla presenza pervasiva della mentalità mafiosa. In un caso, “si vietavano anche i contatti con i familiari materni per le gravi condotte agite dal padre detenuto in espiazione pena per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. – e dai nonni materni – che non si erano fatti scrupolo di strumentalizzare i nipoti al fine di indurre la loro madre M.C.C. – poi suicidatasi per le vessazioni patite al suo rientro nell’abitazione familiare – a ritrattare le dichiarazioni rese all’Autorità giudiziaria e ad abbandonare la località protetta in cui si trovava in regime di protezione”. Oltre che le sentenze dei tribunali per i minori, altre sentenze sono state rilevanti, come quella che, nel 2018, ha condannato tre genitori, oltre che alla pena di venti anni di detenzione, a una rilevante sanzione accessoria: ha sospeso l’esercizio della loro responsabilità genitoriale per quaranta anni, impedendo ogni influenza sui figli. L’ ex Procuratore Nazionale Antimafia, Cafiero de Raho, commentò al tempo molto positivamente la sospensione della patria potestà: “È l’unico modo per salvarli. In questi anni ho ascoltato migliaia di conversazioni intercettate e guardato negli occhi la sofferenza”. Questa sospensione è diversa dalla sospensione genitoriale che viene invece disposta dal tribunale per i minori, adottata in Campania e Calabria, nei confronti di minori che appartengono a famiglie di ‘ndrangheta o camorra. Nonostante un controverso dibattito dottrinale sulla natura delle misure di prevenzione ante delictum, perché (in assenza di sufficienti prove di reità) sembrano equivalenti funzionali della pena, è stato ritenuto preminente un cammino di responsabilizzazione e autonomia del giovane, scegliendo una via profondamente dirompente (la decadenza dalla responsabilità genitoriale), che ha suscitato attenzione nel mondo. Sarebbe possibile citare varie iniziative, sorte autonomamente in varie parti d’Italia nel tentativo di dare risposte nuove a problemi sociali nuovi. Ad esempio, a Milano il questore ha usato un percorso inedito per casi di bullismo, stalking e altri gravi reati: l’ammonimento, una sorta di ordine in alternativa al carcere, che prevede l’obbligo di frequentare un centro specializzato e affidabile. Le iniziative italiane sono molte e spesso innovative, ma in genere non riescono a fare sistema e rimangono isolate, senza un coordinamento e una visione d’insieme. Le frequenti crisi di governo favoriscono una situazione caratterizzata da tentativi locali, rinvii, proposte che rimangono inattuate. Tante proposte sono da decenni in fase di discussione.

Uno dei primi compiti dell’educatore oggi è la necessità di confrontarsi con un mondo di valori morali che non è più stabile e definitivo nel tempo, ma sottoposto a continue verifiche e rettifiche. Il relativismo sembra ad alcuni una necessità, ad altri un grande rischio. Anche la stessa definizione di devianza non è statica, ma soggetta a evoluzioni dettate dal costume e dalle opportunità: la riflessione a proposito della non punibilità dell’uso di sostanze psicotrope è un esempio fra i tanti possibili. In questa prospettiva il tema della responsabilizzazione diventa ancora più importante, se inteso come possibilità di offrire al minore gli strumenti con i quali orientarsi in un mondo morale tempestoso e contraddittorio. La responsabilizzazione può essere ottenuta come un principio metodologico, indipendentemente dai contenuti concreti; non è assolutamente il risultato delle sanzioni soltanto, ma dell’educazione nel suo complesso, quando attraverso le varie discipline riesce a trasmettere i valori dell’autodisciplina. In un mondo sempre più complesso e differenziato, le nuove tematiche dell’educazione riguardano quasi tutti i settori. Indichiamo soltanto alcune tematiche, per dare un’idea dei molti campi di intervento che sono aperti e che meriterebbero approfondimenti importanti. Molte altre tematiche meriterebbero un’analoga trattazione. Nella voce educazione dell’Enciclopedia Treccani online, sono indicati i seguenti ambiti specifici: educazione ambientale (che supera la precedente nozione di educazione ecologica), educazione artistica (che ha fatto il suo ingresso nella nuova scuola media istituita nel 1962), educazione civica, educazione fisica, educazione all’immagine, educazione musicale, educazione alla salute, educazione sessuale, educazione stradale, educazione tecnica. 

Ad esempio, l’educazione fisica potrebbe essere impartita sottolineando molto l’aspetto morale. Lo sport è una cosa diversa dalla ricerca dei profitti, dello spettacolo, dei record (l’educazione fisica può essere vista come una disciplina che vuole innanzitutto educare ad affrontare la realtà attraverso una migliore conoscenza della corporeità, che può essere controllata, addestrata, disciplinata. A partire dallo sport possono essere riscoperti e praticati concetti che secondo alcuni sarebbero fuori moda: doveri, regole, disciplina, autorità, responsabilità). In un punto intermedio e indeterminato tra l’educazione fisica e l’educazione alla salute, c’è l’educazione sessuale. Nella nostra società si parla di sesso tantissimo e dovunque, tranne che a scuola. O meglio, tranne che nelle lezioni scolastiche, nonostante sia oggetto tra i minorenni di riflessioni e interrogativi di ogni tipo. Il tema dell’educazione sessuale è stato affrontato varie volte, anche dai classici (Freud, 1905), con risultati non definitivi. Non soltanto i minori avrebbero bisogno di maggiori informazioni: il mondo degli adulti è sottoposto a tensioni e ad aggiustamenti di grandissimo rilievo. Difatti, è indubbio che una grande parte della devianza è connessa con problemi di natura sessuale: la pedofilia è solo una piccola parte di un universo di possibilità “perverse e polimorfe” della sessualità, che può esprimersi anche attraverso il costante aumento di fenomeni come la violenza sessuale nei confronti delle donne e dei minori. Oggi la sessualità, è stato sottolineato, si esprime attraverso “un uragano di stimoli”, come sostenuto da Alberoni in passato, che si riversa su ognuno di noi. Altri autori hanno anche sottolineato che viviamo in un mondo degli affetti che è fondamentalmente caotico. Un minimo di informazione, orientata a permettere una responsabilizzazione, sembra proprio necessaria, almeno per contrastare fenomeni che sono particolarmente rilevanti per gli adolescenti, dalla pedofilia alle malattie sessuali, dagli stupri alle molestie sessuali. Secondo alcuni l’educazione sessuale di vecchio tipo sarebbe ormai anacronistica, perché sul sesso gli adolescenti avrebbero oggi molte più informazioni dei propri genitori. Ma quelle informazioni spesso sono limitate e fuorvianti (social network e strumenti digitali, ad esempio, sono diventati strumenti di nuova devianza, in primo luogo bullismo). Il problema delle risposte istituzionali alle nuove domande sociali si pone in maniera urgente. In particolare, il sistema educativo nel suo complesso è chiamato da più parti a un ruolo più attivo. Sotto alcuni profili, i poteri pubblici sono stati costretti a intervenire, ad esempio per quanto riguarda l’informazione sulle misure di prevenzione contro il rischio di contrarre l’AIDS, che continua a diffondersi in maniera impressionante e tra i giovani. Anche se ci sono resistenze comprensibili, di natura religiosa e culturale, alcuni aspetti minimi di educazione sessuale per i giovani diventano indispensabili, dunque si moltiplicano le iniziative. In generale, viene dato per scontato che quanto più in un paese è elevata l’educazione sessuale e quanto più questo paese è rispettoso del ruolo della donna, tanto più diminuiscono sia gli aborti sia le malattie di origine sessuale. Da tempo l’educazione sessuale, anche sotto forma di educazione al rispetto reciproco e contrasto alla violenza di genere, è stata citata come caso particolarmente rilevante dell’impegno sul piano della responsabilizzazione che la scuola potrebbe (e secondo molti dovrebbe) sollecitare, anche sotto profili minoritari, come per quanto riguarda i portatori di handicap). In Piemonte c’è un progetto per portare “l’educazione sentimentale” nei licei regionali, applicando un segmento della Convenzione di Istanbul del 2011, sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, con la quale si chiedeva agli Stati di introdurre l’educazione all’affettività nelle scuole. Nel corso di un secolo la cultura sessuale in Italia si è trasformata profondamente, con il diffondersi di una visione più fluida, permissiva e individualista, meno vincolata dalla riproduzione, con la prevalenza dei temi dell’affetto e del piacere. 

L’educazione artistica ha ovviamente un posto centrale nella riflessione degli esperti e della classe politica, anche per rimediare alla situazione attuale, che vede la scuola scandalosamente assente e inerte sotto questo profilo, in un paese come l’Italia, che invece dovrebbe essere all’avanguardia. È assai significativa una lettera aperta inviata diversi anni fa ai ministri della Pubblica Istruzione e della Cultura, ai parlamentari componenti delle Commissioni Cultura della Camera e del Senato, e ai rappresentanti sindacali della scuola. Intervenendo nei dibattiti preparatori della riforma della scuola secondaria superiore, questo gruppo di esperti faceva appello perché al settore della formazione artistica fosse riconosciuto uno spazio specifico nei programmi ministeriali, fin dal livello della scuola media inferiore. Secondo questi insigni specialisti, la ricerca di un aggiornamento, a livello dei paesi più progrediti, non doveva trascurare le caratteristiche unicamente italiane relativamente all’importanza dell’educazione artistica. In considerazione dell’importanza mondiale del nostro patrimonio, l’ambito dell’arte doveva essere distinto dagli altri ambiti di formazione, con un ordinamento speciale, allargato alle varie forme espressive. Le motivazioni di queste richieste sono rilevanti: “Al settore dell’istruzione artistica sono d’altra parte specificamente affidate la tesaurizzazione e la trasmissione dei saperi che costituiscono il particolarissimo patrimonio tuttora assai ricco della cultura progettuale materiale, dall’ambito dell’artigianato a quello del design. Patrimonio che, nel caso di un paese come l’Italia, rappresenta nel settore specifico dei ‘beni culturali’ una rilevante risorsa produttiva nazionale di forte e diretta valenza, anche economica. Non ultimo, di vincente spendibilità professionale, per sua unicità nel confronto internazionale, in quanto area di formazione e di occupazione sia per la piccola industria sia per la professionalità specificamente creativa”. Oltre che importantissima dal punto di vista turistico, occupazionale, economico, l’educazione alla bellezza e all’armonia potrebbe essere una delle forme migliori di investimento nel contrasto alla devianza e ai disturbi adolescenziali. L’educazione estetica dell’umanità è stato un sogno di pensatori molto diversi, da Schiller a Marcuse; in un’età storica in cui esistono anche il terrorismo e il vandalismo “artistico”, la scuola dovrebbe impegnarsi molto più attivamente in questo ambito: la responsabilizzazione dei minori può passare anche attraverso l’educazione estetica, che comunque dovrebbe occupare uno spazio ben più ampio di quello oggi occupato. L’identità italiana è stata interpretata in molti modi; secondo alcuni esisterebbe addirittura una specifica maniera “all’italiana” di eccellere nel crimine, mentre in realtà la storia italiana è caratterizzata dall’impegno contro il crimine.

Più di ogni altra cosa, è italiano un patrimonio culturale e artistico, urbanistico e naturalistico, che è unico al mondo e che è stato definito il petrolio italiano (risorsa poco utilizzata, basti il confronto tra quanto è stato fatto finora nel sud dell’Italia e quanto è stato fatto nel sud della Spagna). Secondo molti, questo è l’aspetto primario dell’identità italiana, che potrebbe unire il paese da sud a nord. L’eccellenza italiana nella moda, nell’artigianato, nell’alimentazione, nella maniera di vivere, hanno raggiunto notorietà mondiale. E il made in Italy molto ne ha guadagnato. Nella ricerca di un’immagine positiva del paese, la bellezza è un nostro tratto distintivo. Non è facile essere all’altezza di questa tradizione. Per l’educazione degli italiani al tempo nuovo del Terzo millennio, è fondamentale ritrovare, grazie a un’educazione adeguata, questa eccellenza. L’apprezzamento della bellezza deve andare di pari passo con il disprezzo per il suo contrario: quella lotta contro il crimine che da Cesare Beccaria in poi è caratteristica positiva della storia italiana.

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