IN FUGA quinto capitolo
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IN FUGA quinto capitolo
Cap V
Era pomeriggio inoltrato quando il bus si era fermato a Gallup ma la luce del giorno era ancora piena e l’oscurità della sera era appena una promessa da realizzarsi. Steven era sceso già con un piano ben preciso per quella notte e per il giorno successivo. Nonostante avesse avuto molto tempo per pensare ai suoi progetti non era riuscito ad andare più in la di quei momenti. Per l’indomani aveva scelto già la tratta da fare e se per quel giorno era riuscito a lasciarsi l’Arizona alle spalle ed entrare nel New Mexico, per il successivo avrebbe percorso almeno mille chilometri attraversando due nuovi Stati, il Texas e l’Oklahoma. A cosa avrebbe fatto poi una volta arrivato a Philadelphia ci avrebbe pensato in seguito. Il terminal era situato, per fortuna, abbastanza vicino alla città, forse a meno di un chilometro. Steven si era molto preoccupato quando pochi minuti prima di arrivare l’autista aveva avvisato i passeggeri che stavano per far tappa a Gallup Steven. Era da un bel po’ che tutt’intorno a lui non vedeva che campi marroni, spesso screziati dal verde delle coltivazioni e poco altro. Una specie di riga dritta, come una ferita sul terreno, era l’interstatale su cui viaggiavano e poco altro. E invece adesso, appena sceso dal bus vedeva a poca distanza la città di Gallup che cominciava ad illuminarsi come a ribadire il suo diritto di esistere su quel territorio abbastanza desolato. Si incamminò di buona lena verso quelle luci pregando in cuor suo che quella piccola città avesse un Centro Commerciale o un grande negozio di un qualche tipo che era il suo obiettivo.
«Vuoi un passaggio ragazzino?
Era così assorto nei suoi pensieri che non si era accorto che sul ciglio della strada si era fermato un pick up.
«È una bella passeggiata fino in centro -continuò l’uomo sorridendogli amichevolmente- Dai salta su.»
Steven si era avvicinato alla carreggiata e stava quasi per ringraziarlo accettando il passaggio quando un intenso odore di disinfettante gli riempì il naso e poi la testa. Era come se l’aria intorno a lui avesse cambiato densità, odore e perfino colore, ora gli sembrava vischiosa e puzzolente intorno a quel veicolo. Non sapeva spiegarsene il motivo ma era sicuro che quell’odore provenisse da quell’uomo.
Le parole dopo l’invito gli erano però già venute alle labbra e aveva cominciato a dire: «Grazie signore…» mentre si avvicina al furgone, ma poi continuò dicendo; «Mio padre sta venendo a prendermi e io gli vado solo incontro.»
«Fanculo stronzetto» disse l’uomo facendo fischiare le gomme e alzando un mucchio di pietrine che investirono anche Steven che era ad appena un metro dal furgone. Il cattivo odore era andato via con l’uomo.
Aveva impiegato circa un quarto d’ora per arrivare in città ma in quei pochi minuti la sera aveva sconfitto il giorno concedendo al sole solo il diritto di dardeggiare per un paio di bellissimi minuti in un tramonto arancione da lasciare senza fiato.
Si ripromise di riflettere su quella sensazione che aveva avuto riguardo all’uomo che gli aveva offerto un passaggio, anche se credeva di avere scoperto un altro degli strani poteri che aveva. Si sentiva un po’ come una specie di supereroe, come quelli dei fumetti che leggeva, anche se non l’avrebbe mai ammesso con nessuno.
Lo vide subito e questa era fortuna altro che superpotere: Centro Commerciale Gallup City. Ancora aperto per di più e si avviò con passo deciso verso le grandi porte a vetro dell’ingresso. Il suo piano era semplicissimo e lo aveva anche visto in un film, facile come bere un bicchier d’acqua: si sarebbe nascosto all’interno del Centro alla chiusura e si sarebbe addormentato da qualche parte. Poi la mattina appena prima dell’apertura avrebbe cancellato le tracce della sua presenza e si sarebbe nascosto nei bagni fino a che non fossero entrati i primi visitatori per poi confondersi con questi e uscire. Aveva appena varcato le porte quando sentì qualcuno alle sue spalle che lo chiamava. Pensò subito di fingere di non aver sentito ma la voce ripetè: «Ehi ragazzino dico a te!»
Si girò e vide che a chiamarlo era un uomo in divisa, non un poliziotto però, sembrava piuttosto uno della sorveglianza del Centro. Temette per un attimo il peggio, che gli zii avessero subito denunciato la sua scomparsa e che la polizia avesse diramato una sua foto e…rispose calmo.
«Si, signore».
«Sono quasi le otto lo sai? Tra poco qui si chiude perciò di alla tua mamma di sbrigarsi se non volete rimanere chiusi qui dentro.» E rise mettendo in mostra una dentatura pazzesca nella quale spiccavano due dentoni centrali che lo facevano sembrare una specie di Bugs Bunny umano. Ma aveva un sorriso assolutamente simpatico e Steven lo ricambiò con subitaneità.
«Vado proprio a dirle questo signore perché mio padre si è stufato di aspettare in auto», disse indicando il parcheggio alle sue spalle.
«Bravo», rispose il sorvegliante alzando il pollice in segno di accordo.
L’atrio era ancora affollato di gente ed era di dimensioni davvero notevoli, C’era poi anche un piano superiore che con un parapetto circolare di vetro si affacciava sullo spiazzo sottostante. Lungo tutta la superficie si aprivano negozi di vario genere e probabilmente la stessa struttura veniva ripresa nel piano superiore. Aveva temuto il peggio perché Gallup era una piccola città di poco più di ventimila abitanti e disperava di trovare un posto adatto al suo scopo, ma evidentemente quel luogo era frequentato anche dagli abitanti dei piccoli centri vicini che venivano lì a fare i loro acquisti. Una rapida occhiata ai tabelloni informativi gli disse che in quel posto c’era tutto quello di cui aveva bisogno, anche se al momento la cosa che desiderava di più era un trancio di pizza che lo aveva attirato col suo irresistibile profumo mentre un omone grande e grosso la tagliava in pezzi ancora fumanti.
«L’ultima della giornata -gridava con una voce decisamente potente da sovrastare gli altri rumori di fondo del Centro- Ora o mai più, la vera pizza napoletana appena uscita dal forno.»
Steven guardò l’orologio anche se sapeva che mancavano solo dieci minuti alle otto e che avrebbe dovuto pensare ad altro ma aveva già l’acquolina in bocca per quella delizia.
«Me ne da un pezzo signore?», fece allungando i due dollari necessari.
«È l’ultima ragazzo e sei fortunato perché con lo stesso prezzo i pezzi sono due.» E li sovrappose uno all’altro prima di incartarli a metà in un tovagliolino di carta.
«Tra poco si chiude e come al solito quella che rimane poi la mangio io -disse accarezzandosi il pancione che si intuiva al di sotto del grembiule che portava- E mi sa che meno ne resta e meglio è» E sorrise consegnandogli quel caldo involto.
Il ragazzo ringraziò e diede il primo morso davanti a lui per significargli la bontà di quel prodotto, senza bisogno di imbrogliare. Si allontanò poi mangiando a grandi morsi e prese una scala mobile per salire al piano superiore proprio mentre un interfono avvertiva che il centro avrebbe chiuso entro dieci minuti sollecitando i clienti ad affrettarsi per uscire. Come aveva immaginato il piano superiore riproponeva lo stesso schema di quello inferiore, ad esclusione ovviamente dell’atrio che mancava lì. Individuò subito i bagni e mentre ancora dava gli ultimi morsi alla pizza entrò per controllare che fossero stati già puliti. Sarebbe stato un vero problema se le pulizie della sera fossero state effettuate dopo la chiusura, ma per fortuna il locale era talmente pulito e profumato che non c’erano dubbi che fosse stato appena ripulito. Finì la sua pizza e si sciacquò le mani prima di entrare nell’ultima toilette della fila e richiudere la porta. Sali con i piedi sul water e si dispose ad aspettare. Aveva visto diversi film in cui delle persone si nascondevano nei bagni e tutti salivano sull’asse del water in maniera da non lasciare le gambe visibili a chi si inginocchiasse per controllare. Sperava che ancora nessuno lo stesse cercando e certamente non qualcuno che si sarebbe steso sul pavimento di quel bagno per accertare se il tratto aperto della porta mostrasse qualche gamba o meno, ma si sentiva più al sicuro in quella posizione. Pochi minuti dopo la musica che veniva costantemente trasmessa in filodiffusione cessò e udì ancora una voce che faceva un qualche annuncio che non riuscì a capire bene da quel posto, probabilmente, pensò, l’ultimo invito a lasciare il locale. Poi col passare dei minuti il brusio che sentiva cominciò a scemare e poi finì del tutto. Quel silenzio improvviso gli sembrò sonoro come un grido. Si azzardò allora a scendere dal water con il proposito però di rimanere ancora qualche minuto in bagno per essere sicuro che nessuno lo vedesse. Immaginò che ci fosse una qualche forma di sorveglianza per quel Centro Commerciale ma sperava che si limitasse al perimetro esterno e in ogni caso non poteva farci nulla. Se avesse incontrato qualche problema del genere lo avrebbe risolto, magari con una spinta piccola piccola, giusto per far addormentare l’eventuale guardiano. Sapeva come fare. E poi la luce si spense. Era stato davvero stupido a dare spazio alla sua fame quando avrebbe dovuto procurarsi una pila in quei minuti. Ma quella pizza era così buona…
Le bollicine del Cristal millesimato e d’annata gli pizzicavano il naso ma il gusto fresco e vellutato dello champagne gli piaceva molto. Forse non era il migliore del mondo ma era il più caro che avevano nella cantina del Caffè San Marco. Ridley lo aveva richiesto appena sedutosi e il sommelier versandolo e decantandone le qualità gli aveva detto: «Se è per un’occasione speciale questo è un vino speciale.»
E lo era davvero un’occasione speciale quella che Ridley festeggiava da solo. Appena un paio di ore fa Luke gli aveva offerto le chiavi del Paradiso. Aveva riconosciuto uno zainetto che il bambino portava sulle spalle come quello della Franklyn School di Phoenix. Ne era sicuro perché suo fratello la aveva frequentata per anni e quel logo gli era rimasto impresso nella memoria. Per un attimo aveva pensato che l’uomo si fosse sbagliato perché i due, così pensava a quella coppia strana di adulto e bambino, avevano sempre fatto i loro colpi ad una certa distanza da dove evidentemente vivevano, ma poi gli era stato tutto chiaro e ogni tassello era andato al suo posto. L’adulto, il padre del bambino supponeva, lo stava semplicemente accompagnando a scuola e poi avendo per caso notato di due scemi che facevano saltellare per aria rotoli di banconote, aveva deciso di approfittare dell’occasione. Si tutto tornava e quel bambino sarebbe stato suo, nulla avrebbe potuto fermarlo. L’indomani si sarebbero piazzati con un’auto con i vetri oscurati, non la sua ovviamente ma una presa tra quelle del suo parco macchine rubate, e si sarebbe messi in attesa di vedere passare il bambino. Non appena Luke lo avesse riconosciuto avrebbe fatto in modo di identificarlo, magari seguendolo all’uscita fino a casa. E poi in un modo o nell’altro sarebbe stato suo. Si immaginava già di fronte ad enormi caveau di banche con tutti gli impiegati svenuti e montagne di denaro da sottrarre. Oppure da Cartier o da Bulgari mentre con tutta calma riempiva una borsa di preziosissimi gioielli. Era avido, lo sapeva, ma non stupido e in questi suoi progetti c’era un pensiero che lo disturbava ma era sicuro di potervi porre rimedio e dal giorno successivo stesso si sarebbe industriato in tal senso. E se davvero Luke riusciva ad individuarlo sarebbe stato generoso con lui, lo avrebbe fatto eliminare dai suoi uomini nella maniera meno dolorosa possibile.
«Niente da fare ma’ -disse Mike- Abbiamo girato l’intero isolato e quelli vicino ma di Steven nemmeno l’ombra. Abbiamo chiesto a tutti i ragazzini che erano in giro e nessuno lo ha visto-»
«Va bene -disse la donna stizzita perché aveva riposto molte speranze sul fatto che i suoi figli riuscissero a ritrovare il fratellastro- Ma vedrete che prima o poi torna a casa. Si sta facendo buio e dove volete che vada. Ragazzi ordinatevi una pizza che io e vostro padre dobbiamo uscire. Se dovesse tornare chiamateci subito, abbiamo con noi i cellulari.»
«Va bene mamma, ci penso io a Jordan ma i soldi me li dai lo stesso vero?»
«Certo tesoro questa sera stessa li avrai.»
Avevano deciso di fare un giro in auto, allargando un po’ il raggio di ricerca che avevano potuto coprire i loro figli, anche per continuare i discorsi che stavano facendo e dei quali certamente non potevano mettere a parte i ragazzi.
«Allora siamo d’accordo di aspettare domani mattina prima di fare la denuncia?»
«Si -rispose il marito- Ci inventeremo qualcosa sul fatto che Steve è strano e che già altre volte si è allontanato da casa per poi tornare sul tardi.»
«Tu stasera, comunque fa sparire da casa tutti i contanti che abbiamo perché non mi sembra proprio normale che una famiglia abbia quasi duecentomila dollari in banconote sparsi per casa. Non so più da quanto tempo ti sto dicendo di depositarli pochi per volta in banca.»
«Non cominciare adesso, che sono abbastanza incazzato. Stasera quando torno metto tutto in una valigia e la porto nella cantina della casa di Birdfly, tanto quella non la venderemo mai. Ma dove cazzo sarà andato questo stronzo?», disse continuando a guidare lentamente in giri del quartiere sempre più larghi.
«I soldi, ecco perché li ha presi a Mike, vuole partire, -urlò quasi Greta- Dobbiamo andare subito alla stazione, magari è ancora lì.»
«Giusto ma se avesse deciso di andare con gli autobus? Appena fuori città c’è il terminal di grandi compagnie che attraversano l’intero paese. È già tardi però e allora facciamo in questo modo ora ti porto proprio lì e scappo verso la stazione. Tu vedi di scoprire qualcosa con discrezione se non lo trovassi e io vado alla stazione ferroviaria, Ci teniamo in contatto con i cellulari e vediamo se riusciamo a beccarlo questo teppistello.»