Dead Land ep.5 (IT)
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Dead Land ep.5 (IT)
Ancora e ancora
Una cantilena metallica proveniente dalla camera da letto rimbomba nelle stanze dell’appartamento, cozzando contro i muri di cemento grezzo, mentre si ripete identica come un mantra la cui durata sembra dover superare l’età del tempo stesso, e che riesce a risvegliare Val dal morbo del sonno che la sta straziando ma che al tempo stesso avrebbe voluto fosse eterno. Distesa sulle piastrelle a scacchi bianche e nere, si spinge con l’ausilio delle braccia graffiando con le unghie la ceramica e alzando il suo corpo che reagisce come fosse una marionetta di legno tenuta insieme da fili elastici. Si muove a scatti, con le giunture che schioccano e si disarticolano mentre la sua figura si erge verso l’alto, tirandosi e spingendosi. Come prima cosa si sistema davanti al lavandino e pulisce le sue scarpette completamente coperte di sangue, tenendo gli occhi azzurri sgranati mentre fissa il vuoto e sorridendo con la bocca completamente aperta come per emanare un grido che non riesce a prendere forma, mostrando tutti i denti bianchi, il cui colore risalta nello sfondo annerito delle guance e delle occhiaie, mentre i capelli biondi ancora raccolti in due code laterali dondolano seguendo lo strofinio delle mani sulle scarpe. La colazione è gia servita e attende sul tavolo a raffreddandosi mentre Val si cambia d’abito perché “una persona che svolge un lavoro importante come il mio deve essere sempre splendente” e mentre pronuncia queste parole volteggia specchiandosi davanti ad una cornice vuota. “è quasi ora di andare al lavoro” bisbiglia a sé stessa “non posso sempre prendermi al ultimo minuto”. La routine la rende felice, sapere qual è il suo posto le solleva dalle spalle il peso di una vita di disagi e… La borsetta che stringeva tra le mani piomba a terra, lo sguardo fisso verso la porta d’entrata, la mandibola cade lentamente verso il basso e le pupille si dilatano coprendo completamente di nero l’iride per poi rimpicciolirsi nuovamente, le braccia penzolano come lembi inanimati di un pupazzo mentre le dita si richiudono sul palmo in un movimento che ricorda quello delle zampe di un ragno che muore. ”Odio! Un odio mortale per le belve che hanno cercato di strapparle la vita, maledette creature senza meta che vagano nel nepente, schiavi di asmodeo e suoi obbrobriosi servi! Devono essere sterminati, sterminati! Devo dilaniarli, devo squarciarli, non posso lasciare che lo facciano di nuovo! Devono crepare, fino all’ultimo della loro specie, un’ecatombe, uno sterminio!”. I suoi occhi poi, lentamente ma con costanza, si disallineano e sul suo volto compare un’espressione scioccata.
La colazione rimane sul tavolo mentre Val attraversa la porta di casa, chiudendola dietro di sé, per poi imboccare le scale che la portano davanti al grande portone d’ingresso del suo condominio. Anche oggi l'enorme portone cigola e scricchiola mentre ruota sui cardini come un sipario che si apre su uno spettacolo osceno e al contempo magistrale. Le strade sono interamente coperte dei resti di esseri umani uccisi e sbranati la notte precedente. I rivoli di acqua nera sono ora scarlatti mentre scivolano lungo le strade cullando dita e occhi che si mischiano alla solita spazzatura. Val, sempre schifata dal mondo esterno al suo appartamento, si fa forza mentre spinge il piede sopra ad un torace aperto, sfondandone le costole morsicate e finendo con la caviglia dentro il busto vuoto. Un passo dopo l’altro, mentre si inerpica in una strada occupata da ossa e pezzi di carne, zampetta verso il suo ufficio, dove anche oggi deve svolgere la sua importantissima mansione.