La parola più detta di sempre è comunicare
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La parola più detta di sempre è comunicare
La parola che oggi viene ripetuta costatemente è comunicare, saper comunicare, voler comunicare. Ma che cosa? per comunicare quello che vi è fuori basterebbero pochissime parole, pochi tag: guerra, crisi economica, crisi lavorativa, crisi sociale. In un mondo che attraversa una perenne crisi e che ha imparato a monetizzare proprio sfruttando la parola "comunicazione" attraveso il web, è difficile che vada oltre il proprio naso, che cambi direzione. In un flusso che non guarda mai dietro di se, li si inseriscono gli esseri umani, i quali credono di essere "insieme" in realtà sono soli con il loro mezzo, il telefonino, e divulgano se stessi credendo di essere beatamente felici. Questa è la forza della contemporaneità, la sua stessa solitudine.
In questa cornice, si inserisce, anche l'informazione che viaggia sui binari fabbricati dal web e non più da quelli della carta stampata, la quale rischia seriamente di scomparire, a poco a poco, lentamente senza clamori. Il web ha riscritto le regole del giornalismo, lo ha smontato e ricostruito, da capo, a proprio piacimento, a sua immagine e somiglianza, favorendo la nascita del fenomeno delle fake news, e l'Italia in questo è contradditoria perchè prima le condanna, ma poi le fabrica. Le fake news sono notizie false spacciate per vere, vero simbolo per eccellenza dell'incertezza dei tempi moderni attuali. Sembrano fatte ad arte, ma non sono altro che figlie di un sistema che nasce e muore in se stesso, malato di se stesso, reo di favorire il vittimismo dei paladini della libertà di stampa, la quale viene infangata dalla macchina costruita dal web. Un cane che si morde la coda.
La ricerca della verità, la spasmodica ricerca della verità è una bandiera innalzata da molti, forse per nascondere ciò che c'è dietro questo mondo fatto dai colossi del web, i quali pur scansando il giornalismo, gli danno la casa e un posto dove vivere sereno, evitando che vaghi liberamente. E' dalla verità che nasce la disinformazione.
Siamo immersi in un'epoca fatta da migliaia di contenitori d'informazione, approfondimento, indagine, blog, siti di informazione, giornalismo digitale, piattaforme divulgative gestite da desk. I desk sono quelli che gestiscono il flusso di informazioni che gli viene dal web, ma che non si sforzano, non smepre verificano le fonti, non si muovono da casa. Oggi le redazioni, i team giornalistici si svolgono a casa, non in ufficio. Il confronto avviene telematicamente, dietro uno smartphone o dietro un computer, il tutto in nome del Dio del risparmio, risparmio di tempo, e spazio, oltre che di denaro. Così nasce quello che leggiamo dai nostri telefoni, con titoli sensazionalistici che ci spingono a cliccare sopra in nome delle visualizzazioni che ad ogni clic apportano guadagno e soddisfazione. Una soddisfazione liquida che sfugge via.
Un tempo che sfugge, che non si fa prendere ma solo rincorrere. Un tempo sognato, che potrebbe essere meraviglioso se solo si riuscisse a capire che ci si sta imbrigliando nella rete, nelle schematiche fredde del web, del suo modello di business, il quale crea e cancella quando e come vuole chiunque, dove non esiste un giorno e non esiste una notte, ma solo flusso. Un tempo frenetico, fatto di depistaggi, di false illusioni, dove il vero e il falso si confondono, diventano la stessa cosa, si appiattiscono. Non vengono distribuite ai lettori le linee guida per destreggiarsi in questo mondo fatto da "cappellai matti", da giocolieri della notizia, sempre pronti a giocare con il destino delgi altri.
Così questo lavoro del giornalismo, è diventato quasi gratuito, o pagato miseramente. Un lavoro che invece che affascinare gli aspiranti cronisti, gli fa creare un piano B, metetndo nella riserva i sogni. Il lavoro non è più ciò che sogniamo da piccoli, ciò per cui siamo stati benedetti da qualcuno di molto lontano, non è più un dono che riceviamo è solamente forza lavoro, modelli di business. Questo accade, si potrebbe pensare, perchè il giornalismo oggi è sempre di più capitanato dai poteri forti, dalle lobby, per cui non è cosi difficile divenire giornalisti quanto esserlo davvero in una redazione, ricevere un dignitoso stipendio, scrievre per passione, per la verità di ciò che accade e non per mero fatturato. Perchè oggi la notizia è marketing.
Il passato, ciò che è stato questo mestiere, non tornerà più, resterà un alone di inchiostro affascinante, un sogno svanito, una chimera in mezzo al deserto del web, fatto di millantatori e cantastorie.