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Plant for the Planet: Billion Trees Project

Plant for the Planet: Billion Trees Project

Publicado el 19, abr., 2023 Actualizado 19, abr., 2023 Medioambiente
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Plant for the Planet: Billion Trees Project

Un triliardo di alberi piantati uno alla volta

Plant for the Planet è un’organizzazione volta ai giovani di tutto il mondo, il cui scopo è quello di piantare più alberi possibile al fine di affrontare in modo diretto il cambiamento climatico.

Come nasce il movimento

Per scoprire le origini di questa iniziativa dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, nella Pennsylvania del 1966. Siamo nell’anno in cui, all’università di Pittsburgh, venne consegnata la laurea alla prima donna proveniente dall'Africa centrale: Wangari Muta Maathai. Spinta da grandi ideali fu la fondatrice del Green Belt Movement: un’organizzazione formata da donne provenienti da aree rurali centroafricane che furono incoraggiate e coinvolte da Wangari a piantare alberi di origine autoctona in tutto il Kenya, per impedire che l’eccessiva deforestazione e la conseguente erosione del suolo strappassero ai Kenioti la loro principale forma di sostentamento, ovvero la legna. L’organizzazione Green Belt Movement ha piantato e favorito la crescita di più di 51 milioni di alberi, grazie alla cooperazione di 30.000 donne keniote che la stessa Wagnari istruì per svolgere attività come silvicoltura, apicoltura e altre soluzioni di reddito come una forma di turismo ecologico capostipite del moderno ecoturismo, aiutandole nel processo di emancipazione. Nel 1981 Wagnari assumette la presidenza del Consiglio Nazionale delle Donne del Kenya. Nel 2004 fu insignita del premio Nobel per la pace grazie al suo “contributo alle cause dello sviluppo sostenibile, della democrazia e della pace”.

Nel   la sua storia si incrocia con quella di Felix Finkerbeiner, un bambino tedesco di nove anni che studia la figura di Wangari per una presentazione in classe sul tema della sostenibilità ambientale. Entusiasta per le grandi azioni di Wangari, Felix decise di chiedere alle sue maestre di piantare un albero nel giardino dell’istituto. Per gioco Felix, aiutato dai suoi insegnanti, creò l’associazione Plant for the Planet coinvolgendo i suoi compagni di classe e d’istituto. Il preside accontentò i bambini e il gesto guadagnò immediatamente un grande seguito mediatico trovando spazio in molte testaste giornalistiche tedesche.

Ma è entrato in scena un terzo attore: Tomas Crowther, ricercatore alla Yale University che, grazie ai suoi studi, aveva scoperto che nel nostro pianeta erano presenti almeno tre trilioni di alberi nel 2015. Grazie al successo mediatico ottenuto dalla sua pubblicazione, e alla collaborazione con Plant for the Planet prese in carico un laboratorio di ricerca ad ETH Zurich dedicato a comprendere il potenziale di riforestazione globale. Nel 2019 pubblicò un secondo articolo che confermava che nel mondo c’è spazio per almeno un altro trilione di alberi.Divenne presto il secondo articolo più discusso dell’anno, dando al movimento una spinta enorme. L’impatto delle sue pubblicazioni fu tale che, grazie all'intervento di Al Gore, vennero esposte al World Economic Forum e al governo degli Stati Uniti d’America, i quali decisero di partecipare e finanziare il programma One Trillion Trees.

La struttura della fondazione

Sensibilizzare i giovani sulle tematiche del cambiamento climatico, insegnare loro tecniche e modalità per combatterlo e soprattutto diffondere il più possibile la consapevolezza che ogni azione, per quanto piccola sia o per quanto piccoli siamo, può avere un enorme impatto sul mondo intero è alla base della filosofia della fondazione, soprattutto perché si rivolge in modo diretto ed esplicito a scienziati e leader del futuro.

Le ricerche scientifiche

I membri di   sono ben consci che per salvare il pianeta non è sufficiente piantare alberi, ma sono necessarie anche azioni per ridurre l’inquinamento in modo sistemico nella società globale. La riforestazione è infatti l’unico modo che la nostra collettività possiede per mitigare gli effetti del cambiamento climatico al fine di ottenere abbastanza tempo per dare luogo a queste rivoluzioni. La necessità di smuovere le fondamenta della società moderna al fine di dare inizio a un mutamento delle condizioni che hanno portato alla necessità di proporre delle soluzioni per salvare il pianeta deve essere sostenuta non solo da ideali, ma anche da solide basi scientifiche. Per questo Plant for the Planet finanzia la ricerca scientifica, al fine di ottenere dei dati affidabili per poter svolgere al meglio sia il processo di ripopolamento delle foreste in tutto il mondo che per la salvaguardia della biodiversità. Grazie a Plant for the Planet sono stati pubblicati già un primo articolo scientifico nel 2021 in cui viene trattato il tema della riforestazione dei prati utilizzati come pascoli per far tornare la foresta tropicale in quei terreni, e altri tre articoli nel 2022 riguardanti il successo della riforestazione grazie alla restaurazione del microbioma nativo delle specie che vengono usate per riforestare quelle zone con anche aumenti della crescita del 64% rispetto ad un microbioma degradato, dei successi delle tecniche di riforestazione assistita per piante native di un territorio che devono affrontare sfide particolarmente ardue per crescere come la competizione di specie non native, e come siano influenzate positivamente le specie di uccelli quando la riforestazione avviene in modo efficace non in scala unicamente locale ma anche in scala di bioma.

Plant for the Planet non solo sta promuovendo progetti sul campo ma ha anche creato veri e propri complessi di ricerca con strutture adibite all’incubazione delle piantine e serre nelle quali vari parametri tra cui igrometria e illuminazione vengono tenuti sotto controllo al fine di capire cosa succederà alle piante se le condizioni climatiche peggioreranno.

Progetti nel mondo

Plant for the Planet Mexico sta attivamente finanziando tre principali progetti di riforestazione, due dei quali in Messico: Il primo, nella penisola dello Yucatan, vede coinvolte 118 persone che si sono impegnate nel piantare 2 milioni di alberi durante la stagione delle piogge (da giugno a dicembre) del 2022, e quasi 10 milioni di alberi dal 2015. Il lavoro si sviluppa attorno ad un’area di circa 20.000 ettari attorno alle riserve naturali di San Felipe Bacalar e Balam-Kù, un’area più grande del Liechtenstein. Un territorio dalle diverse necessità in cui alcune zone sono state deforestate e destinate al pascolo, altre sono state spogliate di tutti gli alberi dal legno pregiato, mentre altre specie di alberelli sono state lasciate intatte o sono state decimate da incendi. Come si è visto in Veneto con la tempesta Vaia, le monoculture sono più vulnerabili ai cambiamenti climatici repentini e agli eventi estremi, per questo è necessario creare una foresta in cui la biodiversità è rispettata, rendendola più resiliente. Tuttavia non è possibile piantare in ogni momento dell’anno, ma solo durante i periodi di crescita delle piante, durante i quali non sono presenti stress ambientali che porterebbero alla loro morte. La pioggia è il più importante fattore limitante di questi progetti: se dovessero presentarsi lunghi periodi di siccità il progetto sarebbe costretto a fermarsi.

Anche in Europa l’impegno degli attivisti di Plant for the Planet sta avendo luogo in prima persona; in Andalusia Plant for the Planet punta a piantare un milione di alberi entro il 2030 con tre programmi concreti:

il primo riguarda la città di Granada, per la quale aziende private e privati cittadini si stanno impegnando a piantare 200.000 alberi per renderla una città più verde e vivibile;

il secondo riguarda il parco naturale de Los Alcornocales nella provincia di Cadis, le cui foreste sono afflitte da una malattia chiamata “la secca” e stanno venendo decimate. L’obbiettivo è quello di piantare altri 200.000 alberi al fine di rigenerarne l’ecosistema e dare nuova vita alla principale attività socioeconomica della zona: l’estrazione sostenibile del sughero.

Il terzo progetto nella penisola spagnola è la ricostruzione delle zone afflitte dal grande incendio boschivo del 2017 nel parco naturale della Donana, in cui il progetto prevede di piantare 600.000 alberi prima del 2030 per aiutare a rigenerare i 9.000 ettari distrutti dal fuoco. Le conseguenze di questi tre progetti non saranno unicamente la ricostruzione della biodiversità, ma anche il recupero delle funzionalità ecologiche basiche come l’impollinazione e la creazione di corridoi ecologici, oltre che processi meno evidenti come la ricostruzione del ciclo dei nutrienti e il recupero della materia organica.

Un totale di 330 bambini è impegnato in questi grandi progetti, e ad oggi sono stati piantati 151.500 alberi.

Trasparenza e impegno sociale

Plant for the Planet prende finanziamenti da governi e privati, ed essendo un’organizzazione di scala mondiale gli introiti che deve gestire sono molto alti. Per questo sostiene una politica di estrema trasparenza, e tutti i dati e resoconti relativi sia ai progetti che alle donazioni sono visitabili e visionabili da tutti sul loro sito, divisi per ogni progetto. Tuttavia per rendere ancora più evidente lo sforzo dell’associazione, è stata sviluppata un’applicazione che permette di visualizzare tutti i progetti sia di Plant for the Planet stessa che di altre associazioni minori che ne condividono ideali e obiettivi. Questa piattaforma permette di visualizzare il numero totale di alberi piantati da tutti i partecipanti, siano essi privati cittadini, società, scuole o anche intere nazioni (che attualmente è di 13,94 miliardi). Si possono regalare alberi ad amici, che verranno piantati a seconda del progetto che si è scelto di finanziare, ognuno dei quali ha un costo variabile a seconda delle tasse applicate dalla nazione che lo ospita. Si possono effettuare gare tra enti e si può vedere chi tra paesi, aziende, scuole e individui è maggiormente coinvolto nel piantare alberi, con una classifica mondiale dedicata per categoria (l’Italia è all’undicesimo posto con 211.293.779 alberi piantati). I progressi possono essere registrati nell’applicazione indicando geograficamente la zona in cui si è operato, e si può effettuare una verifica satellitare controllando sia la zona in anni precedenti che nel periodo attuale, controllando lo storico delle spese effettuate per la riforestazione della zona in tempo reale. 

The change chocolate

Un ulteriore metodo di auto-finanziamento di plant for the planet sono le barrette di cioccolato svizzero “the change ciocolate” il cui ricavato viene investito per finanziare progetti di riforestazione. Questa idea nasce nel 2012, dopo una presentazione di Felix a 350 esponenti dell’industria cioccolatiera, ai quali venne chiesto di donare un euro per all’associazione per ogni tonnellata di cioccolato venduta, ma nessuno di loro accettò la proposta. Dopo questa sconfitta un ambasciatore propose che l’associazione producesse lei stessa il cioccolato: “die Guten Schocolade” divenne una realtà nei supermercati tedeschi, austriaci e svizzeri. Grazie all’inventiva dei bambini ognuno ha la possibilità di personalizzare le proprie confezioni con i propri disegni, spesso utilizzati da aziende e città per creare edizioni speciali.  Grazie a questa iniziativa già più di 8.400.000 alberi sono stati finanziati, di cui 7.822.000 sono stati già piantati.

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