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Il Barone

Il Barone

Pubblicato 18 apr 2024 Aggiornato 15 mag 2024 Historical
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Il Barone

Nella cupa ed uggiosa mattina gli uomini attendono seduti, con i piedi immersi nel fango, nelle profondità della trincea. Il tempo non sembra passare mai, i giorni si alternano con una lentezza snervante e terribile. Le batterie pesanti francesi sono ben nutrite e tuonano improvvise e terribili livellando il terreno attorno alle profonde trincee, alzando verso il cielo fiumi di fango e fumo, assordando i minuscoli soldati in attesa. Scavare più in profondità è la loro unica difesa. “Oggi non battono ancora” dice una figura completamente coperta di fango, nascosta sotto il suo pesante elmo. “Senti! Senti!” dice un altro alzandosi in piedi e puntando il braccio verso il cielo “Senti ti dico! Arrivano!”. Un vociare rompe il tombale e monotono silenzio della linea del fronte. Gli uomini alzano gli elmetti scrutando il cielo grigio, attenti ad ogni possibile movimento. Un lieve ronzio lontanissimo comincia a farsi sentire e alzando la voce si avvicina sopra di loro. “È una Jagdstaffel!” Una ventina di puntini vengono avvistati nello sfondo delle immense nubi grigie. Si stanno avvicinando, un aereo in punta alla formazione divide dietro di sé il gruppo in due squadriglie.  

Dall'alto i lunghi solchi scavati nel terreno che si allungano con le loro infinite ramificazioni verso entrambe le estremità dell'orizzonte marrone e grigio sembrano formicai impazziti. I piloti che sorvolano le trincee gettando fugacemente lo sguardo a terra vedono migliaia di fazzoletti al più bianchi agitarsi a salutare i loro magnifici Fokker Dr.I che con audacie arroganza solcano il cielo alla ricerca di nuove prede. Diversi palloni aerostatici francesi e britannici cercano di invadere con lo sguardo i segreti delle zone d’appoggio tedesche e devono essere abbattuti. Il pilota alla testa del gruppo si sporge dalla seduta per scrutare il terreno e ad un suo gesto del braccio il gruppo di aerei alla sua destra rompe la formazione per scagliarsi contro il nemico. Il caposquadriglia guarda come i suoi triplani si dispongono aprendosi a ventaglio davanti a lui. Dopo un periodo di calmo silenzio il pallone più vicino si accende all'improvviso di luce gialla e rossa, perdendo quota placidamente per poi piombare nel nulla per svariati secondi e scomparire nel suolo. Dopo pochi istanti ecco che sullo sfondo della vallata aperta altri palloni fumano, cadendo come il primo. Piccoli lampi si accendono sparsi lungo il terreno dietro le linee nemiche- “Si sono svegliati presto stamattina” – gruppi sparsi di mitraglieri provano a colpire da terra gli aerei in volo, ma ai velivoli ad alta quota danno solo fastidio. Lo sguardo dello Staffelfuhrer torna sui suoi aerei che sembrano raddoppiati di numero e impazziti, tutti impegnati in rocambolesche manovre si inseguono l'un l'altro. Alla vista della scena l'aereo di testa, marchiato con la croce di ferro, scende in picchiata seguito immediatamente dalla seconda squadra, puntando dritto verso il gruppo dei suoi aerei intercettato dal nemico. 

Mentre il resto della squadra si lancia nella mischia aerea, il Rittmeister Manfred nutre con un gesto netto le due Maxim 08/15 con due nastri da 200 colpi. Il Dreidecker è pronto allo scontro, ma manca la preda giusta. Manfred si mantiene in quota e passa a perimetro la battaglia, alla ricerca di un aereo in difficoltà. Ed eccolo, davanti a lui, un Bloater inglese, un RAF B.E.2 circumnaviga lo scontro, lontano. Manfred spinge la manetta verso il quadro e i 110 cavalli  dell’Oberursel cominciano a nitrire, sputando fumo nero. La fusoliera scricchiola per l’accelerazione improvvisa mentre l’aereo si porta alle spalle della sua preda con una curva parabolica. Il Barone, come lo chiamano i suoi sottoposti, si concentra mentre la figura giallastra del Bloater si accomoda al centro della croce di ferro posta sulla punta delle Maxim, trattiene per un istante il respiro e spara. Il fumo di due brevi raffiche si schianta contro i suoi occhiali e dopo qualche istante schegge di legno sfiorano le sue ali. L’aereo che gli stava di fronte perde quota placidamente, virando con il muso verso il basso. Manfred vede la testa del pilota che improvvisamente si accascia contro la cloche e l’apparecchio che segue questo suo movimento, roteando a sua volta verso il suolo. In nome del suo impero, un giovane ragazzo ha appena perso la vita, strappatagli da Manfred, anche lui in nome del suo impero. Mentre segue con lo sguardo il velivolo appena sconfitto, dei brevi fischi fendono l’aria sopra di lui. Capisce senza girarsi di avere un aereo nemico in coda. Tira verso di sé la manetta con una mano mentre con l’altra spinge a sinistra la barra di comando. Immediatamente alettoni ed equilibratore scattano agli ordini, facendo voltare il maneggevole aeroplano in una virata stretta. Manfred ha pochi secondi per girare la testa e vedere la rotta del suo avversario, il quale va lungo, scorrendo a pochi metri sopra di lui. Bisogna cogliere l’attimo. Tira la barra verso destra e spinge nuovamente la manetta effettuando una seconda virata stretta. È l’occasione migliore per togliersi dalla coda quel Sopwith Camel. Sa che non ci sarà una seconda occasione per farlo, l’altro pilota ha spinto l’aereo marchiato con la foglia d’acero con troppa foga, sorpassando il suo Fokker e fallendo l’imboscata. Sarebbe potuta andare molto peggio, ma non è il momento di pensare ai se. Il velivolo nemico ha rallentato, quasi aspettandolo, e i due apparecchi si trovano ora l’uno a fianco all’altro. I piloti si scambiano un breve sguardo e subito effettuano un avvitamento in picchiata speculare. I motori vengono spinti verso il terreno dalla gravità e i due aerei accelerano improvvisamente. L’avvitamento sta per completarsi e i due aerei stanno per incrociarsi, i piloti alzano il muso dei due velivoli per scambiarsi una breve scarica che però finisce a vuoto verso il terreno. Buttando l’occhio sul quadro Manfred vede che la bussola è impazzita e la lancetta dell’altimetro non sembra essere d’accordo con questa manovra. Ma l’altro continua, e lui non può mollare. Non si tratta solo di colpire l’apparecchio altrui, ma di essere il migliore nel cielo. I due aerei in avvitamento si incrociano e si scambiano piombo per altre due rotazioni. I due arei sono ormai a tiro efficacie dal terreno, ma da laggiù nessuno spara. A poche centinaia di metri da terra i due si preparano per l’ultimo avvitamento. L’aereo inglese anticipa il Dreidecker con una lunga raffica, ma Manfred usa il suono delle mitragliatrici come riferimento, capovolge il Fokker e a volo a testa in giù inquadra l’inglese nel mirino e affondando le mani nel grilletto fa sputare fuoco alle mitragliatrici. I bossoli volano verso terra mentre le Maxim si mangiano i due nastri con ritmicità rilassante. I due si incrociano un'ultima volta e si sorpassano, i colpi sparati dalla Vickers si infrangono nelle ali e nella fusoliera del suo Fokker facendo vibrare l’aereo. Manfred deve completare l’avvitamento orizzontale e riprendere quota, non ha tempo per capire altro. Da terra lievi schiocchi cercano di rincorrerlo mentre si alza e torna verso il cielo. Tornato in quota, si sporge dall’ abitacolo e vede a terra sotto di lui un piccolo fuoco che avvolge il corpo di quello che era il Sopwith 

Manfred si lascia alle spalle il rogo di lino e legno, spingendo il suo aereo a prendere quota.  La battaglia sta ancora infuriando più in alto, a duemila metri di altezza. Un piccolo gruppo di piloti britannici prova ad allontanarsi con una formazione difensiva circolare, in cui ogni velivolo protegge quello che lo precede, e al contempo l’intero gruppo prova ad allontanarsi dal nemico. È ben noto ad entrambi gli schieramenti che la Luftstreitkräfte possieda migliori aerei e piloti, ma questa non può essere una scusa per lasciare la supremazia delle nuove armi aeree ai tedeschi senza combattere. È un massacro ad ogni volo. Ogni combattimento, ogni assalto aereo, ogni duello riduce il numero di piloti dell’intesa, che fatica a reintegrare le perdite. I pochi anni passati dall’inizio del grande conflitto hanno visto l’ascesa dei lupi solitari, piloti estremamente capaci e impavidi diventati assi dell’aviazione grazie alla loro abilità nell’uccidere, evolutisi ormai al nuovo ruolo di comandanti di squadriglie. È il numero a fare la vera differenza. E in futuro ci saranno squadriglie ben più grandi, da entrambi gli schieramenti, e un numero di morti ben maggiore. Le sue due squadriglie tedesche scivolano ai lati della formazione nemica, scambiando con loro brevi mitragliate e filando via, nel tentativo di alleggerire di qualche aereo quella formazione difensiva. Manfred continua a spingere il suo aereo verso il cielo, “Non ha senso aver paura, è una guerra, bisogna uccidere. La storia è fatta da chi accetta le sfide, e le vince.” L’aereo rosso si scaglia a grande velocità contro il gruppo in volo, passando attraverso la formazione. Uno degli aerei inglesi smette di seguire la traiettoria curva e prosegue diritto, avvitando leggermente su sé stesso e poi perdendo quota. Nessuno degli jager si interessa più al fuggitivo, è già morto, e la bara volante scompare fuori dal quadro del combattimento. Le due jagdstaffel si allontanano dal gruppo nemico, componendo una formazione quasi in colonna singola, e abbassandosi leggermente di quota. Il barone, ormai sfilato oltre il gruppo di volo, continua il movimento di beccheggio fino a girare su sé stesso, dando la testa a terra, per poi ricadere dall’alto nella formazione nemica. Questa, vedendolo, si apre riuscendo ad evitare la sua mortale picchiata. Sfilando con una traiettoria parabolica verso la sua destra, Manfred guarda la formazione inglese ricompattarsi per poi venire assediata dalle sue due Jasta a caccia, che copiano la sua prima manovra in sequenza, a turno uno dietro l’altro. Una dozzina di aerei colpiscono con lunghe mitragliate il complesso volo nemico, con effetto disruptivo della sua integrità. Gli aerei cadono come foglie al vento, in una complessa danza di avvitamenti e giochi d’aria, alcuni fumanti, altri solo inermi al grave richiamo del terreno, mentre il circo volante erutta dal centro di quella che era la roccaforte alata inglese.  

Con il nemico in rotta e i suoi pochi aerei rimasti in fuga, il Rittmeister ordina la ritirata all’intera forza aerea. Senza troppi indugi, la Jagdstaffel lo segue. Il cielo ad ovest è ormai nero, una grossa tempesta sta per abbattersi nella regione. Sfruttare questo stratagemma era l’idea alla base dell’attacco ai palloni aerostatici, anticipare il terribile maltempo e fuggire senza ingaggiare battaglia, ma il fato ha voluto un altro destino. I pochi piccoli puntini verdi inglesi scompaiono verso i cumulonembi, sporadicamente illuminati da lampi e fulmini che si rincorrono istantaneamente nello sfondo nero. Ogni pilota ripensa alla battaglia appena avvenuta, agli aerei abbattuti, rivive i momenti di terrore quando il nemico ha rischiato di colpirli, e rivede la moltitudine di aerei caduti dal cielo. Il ritorno al campo aereo mobile sembra avvenire subito, i piloti, stanchi e sconcentrati, divagano col pensiero, limitandosi a seguire con la coda dell’occhio l’aereo rosso in punta. Quando questo perde quota, loro lo seguono, puntando verso un esteso complesso di tendoni disperso attorno ad un lungo prato pianeggiante. Gli aerei, distanziati l’un l’altro da una manciata di metri, rallentano la propria discesa verso la pista d’atterraggio. Il contatto col terreno è brusco e rapido, e gli aerei vengono rallentati dalle squadre a terra che si appendono alle ali per frenare gli apparecchi. Ancora prima che tutte le eliche siano ferme, i piloti sono già saltati giù e si stanno dirigendo verso le tende. Gli aerei più mal ridotti vengono spinti verso una zona di manutenzione, ma la maggior parte viene semplicemente dispiegata in linea lungo il prato, con gli abitacoli coperti da teloni. Il gruppo va a ristorarsi e si riscalda trovando delle sedute davanti ad una piccola stufa accesa.  

La Jagdstaffel attende in silenzio, guardando il Barone Von Richthofen. -“Heinrich non è ancora tornato”, dice un po' verso tutti, un po' verso nessuno.  

- “Lo hanno preso al primo approccio, mentre colpiva uno dei palloni” gli risponde una voce. 

- “Va bene” risponde alzando lievemente il braccio avanti a sé, con in mano un Bierkrug “A Heinrich”. 

- ”A Heinrich” gli risponde all’unisono il resto della squadra, imitando il suo gesto.  

Incapace di nascondere il suo entusiasmo per la battaglia, Lothar Von Richthofen scola il suo boccale, prendendo poi fiato a grandi respiri, accasciato su una sedia di legno e paglia. “Non li capisco proprio questi inglesi” dice affaticato, “Ogni giorno ne abbattiamo una squadra, e il giorno dopo ne mandano un'altra”.  

- ”Ragazzo, non essere sciocco” si impone una voce alle sue spalle “Oggi non ci siamo scontrati con una squadriglia da caccia, ma di ricognitori. Penso dovessero fotografare le nostre retrovie”. Si tratta di Hermann, un giovane uomo decisamente intelligente, “Ingaggiare una battaglia senza aver compreso la natura del proprio avversario è un impareggiabile allenamento per la propria stupidità.” La tenda si riempie di risate, mentre Lothar cerca di sprofondare dentro al collo alto del suo giaccone quasi nuovo. “Non temere ragazzo” riprende Hermann Göring. “Arriverà il momento in cui incontreremo qualcuno alla nostra altezza, e quel giorno non ci saranno così tante risate al nostro ritorno”. 

“Ein Prosit! Che quel giorno arrivi presto!” s’intromette una voce nel gruppo, “Si! Siamo stanchi di dare la caccia a palloni e anatre!” gli fa eco qualcun’altro, e un gran vociare e grosse risate accompagnano la bevuta. 

“Un brindisi al nostro Rittmeister! Urrà!”, “Urrà” risponde l’intera Jasta 11. 

“Manfred ma come fa ad essere così impetuoso nel cielo? È inarrestabile!” 

“Deve esserci qualcuno lì in cielo che le dà una mano”. 

Il Rittmeister, silenzioso, guarda l’aviere Kriest, che non riesce mai a tenere la bocca chiusa. Un’ombra cupa si è improvvisamente posata sul viso del Barone. Lo fissa con lo sguardo incomparabile di chi ha ricevuto un'educazione Prussiana. “Ho ucciso così tante persone, volando. Con le macchine e le mitragliatrici. Dio non ricorda il mio nome, e san Pietro mi lascerà ad aspettare fuori dai suoi cancelli fino alla fine del tempo. Io porto morte e sofferenza nei cieli, dove non c’era mai stata. Io uccido altri giovani più vicino a Dio di chiunque altro abbia mai fatto. Il diavolo conosce tutto di me, e non osa mai intralciare i miei piani, perché sono anche i suoi. Il vento che spinge il mio aereo non proviene dal cielo, ma soffia dal centro dell’inferno. Il mio sedile è il trono di Satana.” Un cupo silenzio avvolge la tenda prima festosa, leggermente mossa dalle grandi nubi che si avvicinano con passo pesante e immutabile da ovest. Una leggera ma decisa brezza umida sfiora i presenti, che rimangono in silenzio. 

La voce convinta di Göring rompe il quieto silenzio: “La guerra la vogliono gli uomini, non la vuole Dio, ed infatti eccoci qui, ad uccidere e a pagare per i nostri peccati. La bontà non marchia la storia con il tuo nome, indimenticabile, noto a tutti. Il coraggio lo fa. E la scaltrezza contro il nemico. Difficilmente chi sopravvive al proprio tempo riesce anche a sopravvivere al tempo. Ma i coraggiosi invece, gli intrepidi, gli instancabili, e soprattutto chi vince lo fa! E lei, Rittmeister, lei vince! E guida tutti noi verso la gloria! La guerra la vogliono gli uomini, per rimanere per sempre ricordati! Grazie alle loro gesta! Non ha nessun altro motivo di esistere tale esercizio, tale spreco! E gloria sia!” 

Un boato esplode nella tenda, grandi acclamazioni, grida di orgoglio corniciano il discorso di Hermann. Tutti gli uomini, anche i meno alticci, riconoscono nelle parole del loro camerata il motivo che gli ha spinti a lasciare la cavalleria e ad unirsi alla nuova Luftstreitkräfte. L'arma che plasmerà il futuro della guerra. 

Manfred esce dalla tenda, il campo di volo sembra scomparire nella tenebra serale, inghiottito dall’oscurità. Si è alzato un forte vento, che muove a gran velocità le imponenti nubi. Per un breve istante, la sera si illumina di una fioca luce bianca. La luna fa capolino tra quelle enormi torri nere nel cielo, e Manfred la ruba con la vista. “La luna, lassù non dev’essere poi così diverso da qui” pensa tra se, mentre passeggia solo, con i piedi immersi nell’erba umida “Anche lì è pieno di crateri. Chissà se si combatte anche lassù”. 

FINE 

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